Con riferimento al sistema di formazione iniziale e reclutamento dei docenti della scuola secondaria, previsto dal D.lgs. n. 59/2017, novellato dalle disposizioni del DL n. 33/2022, contenente misure urgenti per l’attuazione del PNRR (articolo del 9/5/22, ore 9:19), vorrei invitare politici, sindacati, addetti e no (visto che parliamo di pura logica), a riflettere su come si sia studiato il modo perfetto per far fuori i precari storici da immissioni in ruolo e, ancor più platealmente, dalle supplenze; quelle supplenze che finora hanno salvato la scuola italiana.
Si sta infatti pensando di ripagare tali precari storici, con
- Concorsi straordinari (non ultimo, quello Bis), che sta tagliando fuori molte classi di concorso e di conseguenza molti docenti con esperienza anche decennale; senza parlare della modalità a ostacoli con cui si vuole svolgere.
- Impossibilità di abilitarsi a chi ha 3 anni di servizio, se non dopo aver superato concorso + anno di prova, a differenza di chi non ha all’attivo un solo giorno di supplenza (ma cosa deve provare chi già insegna a scuola da 10 anni e più?); in più ciascuno di quelli che ha conseguito (durante l’anno di prova) i 30 CFU/CFA, a valle di un improponibile ritorno all’Università (e a proprie spese), verrà “gettato” in una graduatoria di merito di serie B (rispetto ai vincitori di concorso che non hanno usufruito del percorso “facilitato”… (ossia i NON PRECARI STORICI, che saranno collocati in una GM con priorità)…. l’ironia non può che far da padrona…
- Vincolo di 4 anni (3+abilitazione) anziché 3, per i neoassunti con almeno 3 anni di servizio, di cui non si capisce per quale oscuro motivo discriminatorio
Ricordate il concorso STEM dell’estate 2021? Non si è cercato nulla di tutto ciò che si sta chiedendo ora! Ricordo: non un giorno di supplenza all’attivo, nessuna abilitazione, ma immediata immissione in ruolo, solo dopo qualche crocetta messa al posto giusto. Forse perché in quel caso era il Ministero ad essere con l’acqua alla gola, dunque, conveniva così…
Ma in quale settore, Paese, epoca è mai esistito un concorso che, una volta superato, prevede un contratto a tempo determinato più una serie di ostacoli che obbligherebbero coloro che magari hanno una minima certezza in altri campi, a rinunciare anche a questa minima certezza, per provare una simile roulette russa che non porta a un sacrosanto contratto a tempo indeterminato?
Ma il comitato europeo per i diritti sociali, esprimendosi sul ricorso n. 146/2017, non aveva condannato l’Italia dicendo che i precari, dopo 36 mesi di servizio, vanno immessi in ruolo? Che fine ha fatto questo ricorso? Sbaglio o l’Italia fa parte dell’Europa?
Alessio Di Mauro