Oggi, 3 settembre, in occasione della manifestazione dei Cobas, anche una delegazione del comitato “Quota 96” è stata ricevuta dai dirigenti del Miur, Luciano Chiappetta e Luigi Fiorentino, ai quali si è aggiunta, qualche attimo prima dei saluti di commiato, la ministra, Maria Chiara Carrozza.
Dal prof Giuseppe Grasso di “Q96”, che partecipava all’incontro, veniamo a sapere che tutto l’affaire dei circa 6000 lavoratori della scuola, impelagati ingiustamente nelle trame della legge Fornero sulle pensioni, non c’è nulla da fare.
Qualche spiraglio rimane invece aperto per i colleghi inidonei, relativamente al loro spostamento nei ruoli Ata, e per i precari, relativamente al numero delle assunzioni.
Il motivo di tanto accanimento contro i “Q96”, che chiedono il pensionamento a partire dal 31 agosto 2012 e non dal 31 dicembre 2011 dal momento che la scuola prevede una sola finestra di uscita, sarebbe il decreto sull’Imu che avrebbe inghiottito nel sul suo gorgo tutte le risorse.
Tuttavia, per gli aderenti a “Quota 96”, questa giustificazione sarebbe “l’ennesima frottola consumata ai nostri danni dai politici e governanti attuali che non hanno nemmeno il coraggio di dirci che stiamo portando avanti una rivendicazione che loro non condividono, mentre non hanno avuto il coraggio di dircelo prima, adducendo sempre, come scusa e come tormentone, che non ci sono le coperture finanziarie. Il fatto è forse un altro e bisogna avere il coraggio di ammetterlo con estrema franchezza: ci hanno preso in giro di nuovo.”
“Aspettiamo pure il 9 settembre”, dicono ancora dei componenti del Comitato, “quando il pacchetto scuola sarà licenziato pubblicamente visto che, per il momento, ci «stanno ancora lavorando». Ma non aspettiamoci granché perché il messaggio di oggi è stato chiaro e inequivocabile. il Comitato Civico «Quota 96» può scordarsi le sue rivendicazioni”.
A conclusione di questo amaro sfogo, gli stessi compienti del Comitato proponevano una manifestazione di protesta davanti alla sede del Pd di Roma per accusare i suoi esponenti di non avere onorato né gli impegni né la parola data nel corso di tante pubbliche conferenze e riunioni.
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