L’Aran chiarisce che è corretta la fruizione “oraria” dei tre giorni di permesso mensile previsti dalla Legge 104 del 1992: quindi, o si prendono tre giorni o 18 ore.
Il chiarimento è contenuto in un vademecum per risolvere i dubbi sollevati dalle amministrazioni pubbliche in fatto di permessi retribuiti.
L’Agenzia che si occupa di pubblico ha inserito questo e altri “orientamenti”, derivanti dall’applicazione della normativa adottata per anni, in una “raccolta sistematica” ora pubblicata sul suo sito internet.
Si va dai permessi familiari a quelli per motivi di studio, passando, appunto, per la Legge 104 del 1992 sulla tutela dei disabili e di chi li assiste.
Sulla possibilità che questi permessi, si possono fruire anche per frazioni d’ora, l’Aran ha dato il suo assenso, ma non ritiene “che la predetta norma possa essere interpretata nel senso che il dipendente abbia facoltà di fruire dei permessi di cui alla legge 104 del 1992 anche per frazioni di ora“.
Inoltre, per i diversi comparti si riporta quel che prevede il contratto di lavoro di riferimento, che specifica come la fruizione dei permessi della 104 non riduca le ferie.
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Ci sono delle specificità a seconda del settore e delle indicazioni. Per esempio il contratto della scuola non contempla i permessi della L.104 suddivisi a ore. E dà anche un’indicazione sulla ‘tempistica’: “essi devono essere possibilmente fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti“.
Anche l’Aran, quindi, dice che non si può sistematicamente decidere di fruire dei giorni di permesso legati alla Legge 104/92, ad esempio, di venerdì o lunedì (in modo strategico per “allungare” il week end, come confermano le statistiche).
Quanto alla domanda, che tra l’altro arriva anche dalle amministrazioni ministeriali, sulla possibilità di oltrepassare il tetto delle 18 ore mensili, l’Aran replica che la soglia, nel caso si decida di fruire a ore del permesso, non è da ritenersi superabile.
Se invece il dipendente sceglie di utilizzare il permesso a giorni allora si fa riferimento all’intera giornata lavorativa a prescindere dalla sua articolazione oraria, quindi “nel caso di giornata ‘lunga’, l’assenza corrisponde sempre ad un giorno e pertanto, per il restante periodo mensile il dipendente potrà fruire degli ulteriori due giorni di permesso”.
L’Agenzia scende ancora più nel dettaglio, chiarendo che “per ogni periodo di 6 ore di permesso si debba computare la corrispondente riduzione di una giornata di permesso e che quindi coerentemente solo un residuo di ore non inferiore a sei può comportare la fruizione di un intero giorno di permesso (che potrà essere fruito, però, anche in una giornata di 9 ore destinata al rientro pomeridiano)”.
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