La Cassazione torna ad occuparsi di abuso dei permessi per assistere un familiare disabile grave.
In particolare, la sentenza n. 18411 del 9 luglio scorso, esamina il caso di un lavoratore che in due delle quattro giornate di permesso richiesto ai sensi dell’art. 33 della legge 104/92, invece di recarsi dalla zia invalida per prestarle assistenza, era rimasto a casa tutto il giorno.
Questo era stato dimostrato dall’agenzia investigativa, assunta dal datore di lavoro, che durante gli appostamenti aveva osservato che il lavoratore in questione non era uscito di casa e pertanto non aveva prestato assistenza alla sua parente, a differenza di quello che aveva invece dichiarato.
Come riportato nella sentenza, il lavoratore “non era uscito né entrato nella propria abitazione in orario compreso fra le 6.30 e le 21,00; ciò strideva insanabilmente con le giustificazioni rese dai lavoratore in sede di audizione disciplinare (nell’ambito delle quali aveva dichiarato di aver prestato regolare assistenza alla zia come era abitudine, ad eccezione di alcune ore della giornata), considerato altresì che il XXXX non aveva mai dedotto di aver prestato assistenza in orario precedente le 6.30 o posteriore alle 21.00”.
Per tali ragioni la Suprema Corte ha respinto il ricorso del lavoratore e ha dichiarato legittimo il licenziamento.