Sulla questione della sentenza della Corte di Cassazione in materia di permessi del personale scolastico interviene in queste ore con un proprio comunicato anche la Cisl Scuola.
Il sindacato di Ivana Barbacci sottolinea che l’ordinanza della Cassazione nella propria Ordinanza stabilisce che al dipendente che aveva presentato ricorso va ascritta l’eccessiva genericità di quanto autocertificato per la richiesta del permesso.
“La sentenza – aggiunge Cisl Scuola – in realtà non attribuisce al dirigente nuovi poteri rispetto a quelli di cui già dispone, ma ribadisce, ancora una volta, quali criteri debba soddisfare l’istituto dell’autocertificazione, escludendo che possa essere redatta in termini troppo vaghi”.
“Nell’ambito di un principio di ‘reciproca buona fede’ – afferma il sindacato – il lavoratore attesta le proprie esigenze e, nei limiti previsti dal CCNL, il dirigente valuta l’opportunità (riprendendo il termine usato dalla Suprema Corte) di riconoscere il diritto al permesso, non con riferimento alle esigenze documentate dal dipendente, ma ad altre eventuali ragioni ostative (quelle che la Corte definisce ‘opposte esigenze’, in alcun modo interpretabili come valutazione discrezionale delle motivazioni addotte), anch’esse da formalizzare debitamente”.
“Ciò che la sentenza ribadisce – conclude il sindacato – è in sostanza la necessità che il lavoratore, fatti salvi i diritti alla riservatezza, fornisca per la richiesta di permesso una specifica motivazione, che nel caso in questione appariva eccessivamente generica, tanto da far ritenere fondato – per quel preciso motivo e non per altro – il diniego opposto dal dirigente”.
Resta fermo un punto: i permessi retribuiti sono tutelati dal CCNL e quindi la loro fruizione resta un diritto del dipendente, ma al dirigente corre l’obbligo di fare una valutazione delle opposte esigenze in campo.
Nel concreto, per esempio, se per la stessa data più dipendenti dovessero fare richiesta di permesso, il dirigente dovrà verificare di poter effettivamente accogliere tutte le domande senza pregiudizio per la continuità del servizio e garantendo il diritto allo studio degli studenti.
Inevitabilmente, tale valutazione del dirigente non può che avere natura discrezionale, come discrezionale è ogni atto amministrativo (è appena il caso di aggiungere che la discrezionalità non ha nulla a che vedere con l’arbitrarietà che è riveste invece carattere di illegittimità e che nei casi più gravi può anche sconfinare nel reato).
D’altronde non a caso molti contratti di istituto affrontano il tema e cercano di regolarlo contemperando le diverse esigenze (diritti dei lavoratori e diritti degli studenti).
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