Il solo domicilio non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa per la fruizione dei permessi di cui all’articolo 33 legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Con parere del 3 maggio il Dipartimento della Funzione Pubblica si è espresso sulla possibilità di concessione dei permessi in questione nell’ipotesi in cui la persona in situazione di gravità sia residente in un Comune con distanza stradale superiore ai 150 km, ma domiciliata presso l’abitazione del lavoratore che si occupa dell’assistenza.
Per rispondere al quesito, il DPF fa riferimento ad una precedente circolare del 2012, nella quale si chiarisce che, in base a quanto stabilito dalla legge, occorre far riferimento alla residenza, che è la dimora abituale della persona, mentre non è possibile considerare il domicilio, che, secondo la definizione del c.c., è “nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi”.
In questo caso, sempre al fine di agevolare l’assistenza della persona disabile – conclude il parere – l’amministrazione potrà dare rilievo alla dimora temporanea (ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 223 del 1989) attestata mediante la relativa dichiarazione sostitutiva da rendersi ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000.
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