Il tema dei permessi retribuiti previsti per il personale della scuola appassiona molto i nostri lettori e, allo scopo di fornire ulteriori elementi di informazione, pubblichiamo un intervento a firma della nostra collaboratrice Anna Maria Bellesia che aiuta ad inquadrare meglio l’intera questione.
Questione che, come i nostri lettori possono comprendere, è piuttosto complessa e non sempre di facilmente applicabile.
Permessi retribuiti: diritto o concessione?
Torna periodicamente di attualità il discorso dei permessi dei docenti e delle ferie fruibili alle stesse condizioni. Sono un diritto del lavoratore? o una concessione del dirigente? o un malcostume che va contro il buon funzionamento del servizio pubblico?
Il diritto al permesso retribuito, che spetta a ciascun lavoratore dipendente, è una posizione di vantaggio che la norma giuridica riconosce, non dipende dalla valutazione discrezionale di un dirigente e va gestito come assenza giustificata.
Tutti i lavoratori dipendenti, di qualsiasi comparto, hanno diritto di assentarsi dal lavoro, usufruendo di permessi retribuiti, per diversi motivi disciplinati dalla legge o dal Contratto di lavoro.
L’unica condizione necessaria è che la richiesta corrisponda alla fattispecie prevista e che ci siano le motivazioni, documentate “anche mediante autocertificazione”, per motivi personali o familiari, concorsi ed esami, donazione del sangue, matrimonio o lutto, e tutti gli altri casi previsti dalla norma. Se ricorrono queste condizioni, la domanda è semplicemente un’istanza formale di usufruire di un diritto riconosciuto dalla legge o dal Contratto.
La domanda deve essere presentata perché la struttura dove il dipendente lavora deve provvedere all’erogazione del servizio in sua assenza. E la risposta del dirigente, sempre che ricorrano le condizioni previste, non può essere positiva o negativa a sua discrezione, perché egli non ha il potere di negare o limitare un diritto. Sul punto, negli anni recenti, ci sono state anche delle sentenze. Di conseguenza, non si può “colpevolizzare” di malfunzionamento di un servizio pubblico il dipendente che esercita questa facoltà.
Il Contratto vigente parla di “diritto”
Si tratta di usufruire di un diritto. Altrimenti la legge non lo chiamerebbe “diritto”. Il CCNL vigente è chiarissimo: “Il dipendente ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma” (Art. 15, Permessi retribuiti).
L’evoluzione della norma dalla “concessione” al “diritto”
Per arrivare al riconoscimento del “diritto” il percorso temporale e normativo è stato lungo.
Ben diversa era la situazione nel primo Contratto Collettivo stipulato per la scuola in vigore dal 1994 al 1997: “A domanda del dipendente sono concessi nell’anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per particolari motivi personali o familiari debitamente documentati; per gli stessi motivi sono fruibili i sei giorni di ferie durante le attività didattiche di cui al precedente art. 19, comma 9, indipendentemente dalla presenza delle condizioni previste in tale norma”.
Come si legge, i giorni di permesso/ferie erano “concessi” motivi personali o familiari “particolari” e “debitamente documentati”.
Una prima svolta significativa è stata segnata dal successivo Contratto del 2002/2005: “A domanda del dipendente sono attribuiti nell’anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, vengono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma”.
Infine il Contratto attuale ha sciolto ogni dubbio, passando dalla “concessione” al “diritto”.