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Permessi studio: la Funzione pubblica torna sul discorso delle università telematiche

Secondo l’Aran, salvo che i lavoratori non siano in grado di dimostrare che le giornate e gli orari dei corsi sono coincidenti con le ordinarie prestazioni lavorative e di presentare una certificazione che attesti che il dipendente può seguire le lezioni solo in quel determinato orario, i permessi non possono essere concessi agli iscritti a tali università, perché normalmente il lavoratore non sia tenuto a rispettare un orario di frequenza del corso in orari prestabiliti.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, nel ritornare sulla questione, ha pubblicato la nota circolare n. 12 del 7/10/2011, con la quale fornisce indicazioni per la fruizione di congedi e permessi per il diritto allo studio. E nell’esaminare le varie tipologie di agevolazioni concesse per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni che intendano proseguire gli studi, si sofferma sulla questione delle Università telematiche, fenomeno questo in continuo aumento.
In recepimento dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 10344 del 2008, e facendo riferimento anche al recente parere dell’Aran, la Funzione Pubblica precisa che le clausole che regolano le agevolazioni non riportano specifiche previsioni relativamente ai corsi delle università telematiche. Pertanto, la disciplina deve intendersi di carattere generale, “non rinvenendosi in astratto preclusioni alla fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle università telematiche”. È evidente che la fruizione debba avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalle clausole negoziali, per cui essa è subordinata alla presentazione di apposita documentazione non solo attestante l’iscrizione e gli esami sostenuti, ma anche la partecipazione personale del lavoratore alle lezioni. In quest’ultimo caso, in particolare, il lavoratore dovrà certificare l’avvenuto collegamento in orario di lavoro.
Lara La Gatta

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