Un ulteriore tassello si aggiunge all’annosa vertenza del personale Ata, precedentemente dipendente degli Enti locali (Provincia o Comune) e transitato nei ruoli dello Stato con la legge n.124/1999.
Bisogna avere almeno qualche capello bianco per ricordare che il personale interessato si rivolse a suo tempo all’autorità giudiziaria in quanto- benché la legge avesse stabilito che gli ex dipendenti locali avrebbero conservato l’intera anzianità maturata- nei provvedimenti di ricostruzione carriera veniva loro riconosciuta un’anzianità virtuale, corrispondente al “maturato economico”, piuttosto che l’anzianità effettiva.
Dopo centinaia di sentenze favorevoli (di cui molte definitive), fu introdotto nottetempo nella legge di bilancio dall’allora “Governo Berlusconi” un comma di “interpretazione autentica”, secondo cui la legge doveva essere interpretata come voleva il Ministero, vale a dire nel senso di riconoscere l’anzianità virtuale e non quella effettiva.
Della questione fu investita la Corte Costituzionale – che ritenne però che la modifica retroattiva della norma non fosse incostituzionale- e, successivamente, la Corte di Cassazione, che cercò di mettere definitivamente la parola fine alla vicenda.
La questione fu però portata di fronte alle Corti Europee.
La CGUE affermò che, trattandosi di una sorta di “cessione d’azienda”, il personale aveva diritto a conservare lo stesso trattamento economico in godimento.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a sua volta, condannò lo Stato Italiano per aver modificato a suo favore la normativa in una vicenda in cui lo Stato era “parte”, affermando che “ il fine invocato dal Governo italiano, vale a dire la necessità di colmare un vuoto giuridico ed eliminare le disparità di trattamento tra i dipendenti, mirava in realtà a preservare il solo interesse economico dello Stato”.
Davvero una pesante bacchettata….
Nonostante le decisioni delle Corti Europee, non solo il personale Ata non ha avuto giustizia nel nostro Paese, in quanto i loro ricorsi continuano ad essere rigettati con pesanti condanne alle spese, ma l’Amministrazione ha obbligato i dipendenti a restituire le somme relative agli aumenti percepiti in esecuzione delle sentenze favorevoli.
In questo panorama piuttosto sconsolante, si inserisce la sentenza del Tribunale di Savona, che ha stabilito l’illegittimità della richiesta di restituzione delle somme a suo tempo versate.
I ricorrenti- assistiti dall’avvocato Sullam, da sempre Paladino di questa battaglia- hanno fatto leva sul fatto che il Ministero aveva “dimenticato” per molti anni di richiedere indietro gli aumenti corrisposti e, pertanto, non aveva più diritto alla “ripetizione dell’indebito”, per intervenuta prescrizione.
Il Tribunale di Savona, accogliendo il ricorso, ha osservato che -essendo decorso oltre un decennio dalla sentenza della Corte d’Appello che aveva dato ragione al Ministero- era da considerarsi “estinto” il diritto alla ripetizione delle somme versate dall’Amministrazione, in esecuzione della sentenza di primo grado.
Una Buona Pasqua per il personale Ata.
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