In questi ultimi anni, sui canali social sono comparsi vari annunci più o meno sponsorizzati relativi alla possibilità per il personale Ata di ottenere il punteggio per il servizio militare prestato.
Va premesso che se il servizio militare viene prestato “in costanza di nomina”, vale a dire che il dipendente viene “chiamato alle armi” mentre sta lavorando nella scuola, avrà diritto allo stesso punteggio previsto per il servizio.
In altre parole, il servizio militare (o quello civile ad esso assimilato) verrà considerato come servizio specifico.
In questo caso, occorre fare alcune precisazioni.
In passato, il servizio militare veniva sempre riconosciuto.
Anche perché l’art. 485, comma 7 (per i docenti) e l’art. 569, comma 3 (per il personale Ata) del Testo Unico della scuola, prevedono testualmente che il periodo di servizio militare o di servizio civile “è valido a tutti gli effetti”.
Col tempo, però, i vari decreti che regolavano le graduatorie hanno cominciato ad escludere il riconoscimento del servizio militare, a meno che non fosse stato prestato in costanza di nomina.
Anche recentemente, l’art. 15, comma 6, dell’O.M. n. 88/2024, stabilisce che “Il servizio militare di leva, il servizio sostitutivo assimilato per legge al servizio militare di leva e il servizio civile sono interamente valutabili, purché prestati in costanza di nomina”.
Il fatto è che appare alquanto improbabile che ad un docente in possesso del relativo titolo di studio (dunque appena laureato) sia stata assegnata una supplenza, prima di essere chiamato a prestare il servizio militare.
La questione è stata sottoposta al vaglio della Magistratura che ha da tempo affermato il diritto al pieno riconoscimento del servizio militare, ancorchè non prestato in costanza di nomina.
Con ordinanza n. 5679/2020 (cui hanno fatto seguito varie altre pronunce), la Corte di Cassazione ha riconosciuto la piena validità del servizio militare (e del servizio civile ad esso assimilato) ai fini dell’attribuzione del punteggio nelle graduatorie scolastiche, indipendentemente dalla circostanza che tale servizio sia prestato prima o dopo l’assegnazione della supplenza.
Per il personale Ata – a differenza di quanto accade per il personale docente – la tabella valutazione titoli prevede espressamente il riconoscimento del servizio, col punteggio previsto per il servizio reso presso “le pubbliche amministrazioni” (0,6 punti).
I numerosi ricorsi presentati in questi anni avevano come obiettivo il riconoscimento di un punteggio molto maggiore (6 punti), in pratica come se si trattasse di un servizio specifico.
La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata sul punto, con una decisione che ha gelato le speranze di tanti ricorrenti.
Confermando un orientamento già espresso dal Consiglio di Stato (n. 11602/2022), la Corte – pur ribadendo che il servizio militare dev’essere comunque riconosciuto – ha ritenuto non irragionevole prevedere un diverso punteggio per chi era in servizio al momento della nomina (e conseguentemente ha dovuto lasciare l’incarico) e chi non stava lavorando.
La Corte ha dunque affermato il seguente principio di diritto: “non è illegittimo il DM n.50/2021 (…) nella parte in cui attribuisce, a chi abbia prestato servizio militare in costanza di lavoro, un punteggio maggiore (…) rispetto al punteggio (…) che è attribuito a chi abbia prestato il servizio militare o sostitutivo non in costanza di rapporto” (Corte di Cassazione, sentenza n. 22432 dell’8 agosto 2024).
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