Gli educatori di nidi e scuole dell’infanzia, il personale addetto al sostegno che opera nelle scuole statali, gli insegnanti dipendenti dei Comuni, gli educatori professionali socio pedagogici e quelli professionali socio sanitari sono in questi giorni al centro dell’attenzione per alcune novità, che stanno portando a queste professionalità del mondo dell’istruzione e dell’assistenza cambiamenti importanti. Il loro lavoro sociale, la cui rilevanza pubblica è sempre più alta, è spesso esternalizzato e gestito da società e cooperative del Terzo settore; in molti casi poi la retribuzione degli educatori è ribassata, affinché la cooperativa possa aggiudicarsi l’appalto e la gestione del servizio.
In previsione dell’inizio del nuovo anno scolastico 22-23, in particolare, vista l’insufficienza di educatori nelle comunità per minori e per il supporto al sostegno nelle scuole, soprattutto per far fronte a questa carenza, nel maggio scorso la Regione Lombardia, con la delibera DGR 6443 ha facilitato l’accesso alla professione, per la quale da anni è richiesta una laurea in Scienze dell’educazione e della formazione, dichiarando che “il soggetto gestore, motivando adeguatamente la propria scelta, potrà completare il fabbisogno di personale educativo assumendo quale operatore socio-educativo anche chi è in possesso di diploma professionale/istruzione di grado superiore (almeno quadriennale), con comprovata esperienza di almeno 3 anni in ambito socio-educativo ed esperienza specifica in area minori o disabili. Dovrà essere garantita la partecipazione a iniziative di formazione e/o aggiornamento per un minimo di 40 ore annuali”.
Questa possibilità è vincolata anche al rispetto di ulteriori obblighi, come il fatto che il personale educativo nelle unità d’offerta in oggetto non potrà essere costituito unicamente da operatori in possesso delle caratteristiche sopracitate. Inoltre, la delibera è molto esplicita su questo: non solo le procedure di assunzione di tali operatori saranno oggetto di specifica verifica, ma viene anche precisato che il ricorso a non laureati sarà possibile solo “qualora le procedure di selezione non abbiano condotto all’individuazione di personale socioeducativo in possesso delle caratteristiche sopra specificate” (ovvero quelle che comprendono la laurea L-19 – Educatore professionale socio-pedagogico – e gli altri requisiti già noti).
Tra coloro che sono scesi in campo per chiarire i termini della delibera regionale Domenico Simeone, presidente della Conferenza Universitaria Nazionale di Scienze della Formazione e preside della Facoltà di Scienze della Formazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha detto che “la DGR non elimina, né potrebbe eliminare, l’obbligo di laurea previsto dalla normativa nazionale, ma introduce in via transitoria, fino al 31 dicembre 2023, alcune condizioni in caso di impossibilità di individuare personale socioeducativo in possesso delle caratteristiche previste”. Inoltre, va chiarito, e lo ribadisce ancora Simeone, che i corsi professionalizzanti (70 ore online), come quelli promossi da Faris e Aibc Società Cooperativa Sociale e altre agenzie educative, non possono considerarsi sostitutivi alla laurea.
Ed è appena stata sottoscritta nella prima settimana di agosto una Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al Personale del Comparto Funzioni Locali Triennio 2019/2021.
Una sezione specifica riguarda il personale educativo e scolastico, una il personale delle professioni sanitarie e sociosanitarie, una il personale con obbligo di iscrizione a ordini o albi professionali o albi speciali.
Nell’accordo, con l’articolo 94 bis, si introduce e viene disciplinato il lavoro del coordinatore pedagogico, che è la figura professionale che “svolge le attività attinenti alla sua competenza professionale specifica assicurando la funzione di coordinamento pedagogico, indirizzo e sostegno professionale al lavoro individuale e di gruppo degli educatori/insegnanti e del personale ausiliario. Il coordinatore promuove altresì l’incontro tra gli educatori/insegnanti e i genitori dei bambini per confrontarsi sulla progettazione educativa e sulle prospettive dell’educazione dei bambini e cura il raccordo tra le istituzioni scolastiche ed educative e i servizi sociali e sanitari”.
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