Categorie: Università e Afam

Petizione contro il numero chiuso a Medicina e Chirurgia

Il dott. Paolo Martinelli, ginecologo ospedaliero di Verona, ci ha fatto pervenire la seguente petizione che volentieri pubblichiamo.

Con il sostegno di  un gruppetto di colleghi di varie Specialità che lavorano da anni in ambito ospedaliero e territoriale, ho creato una petizione contro il sistema assurdo di ammissione a Medicina, peggiorato moltissimo negli anni rispetto a quando ho fatto io il test di ammissione nel ‘90 e che risponde a logiche che certamente non valutano il merito e tantomeno la predisposizione ad intraprendere una professione così particolare.

Confesso di essere innamorato del mio lavoro e di avere lo stesso entusiasmo del primo giorno di università. Desidererei vedere degli studenti davvero motivati e un’università che incoraggia la predisposizione dei ragazzi e non che si oppone con uno sbarramento che viene superato più che altro per fortuna. C’è un gran bisogno di medici appassionati, gli stessi che desideriamo incontrare quando noi o i nostri cari abbiamo bisogno di cure.

A seguire, il testo della petizione dove vengono enunciati tutti i punti che per noi sono importanti, con il desiderio e la speranza di dare risonanza a questo messaggio.

Il sito ha il seguente indirizzo: www.nonumerochiuso.com

 

Con la presente Petizione, si vuole affermare la contrarietà a qualsiasi forma di numero chiuso nella Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Il test di ingresso, così come oggi è strutturato e per la tipologia di domande in esso contenute, non seleziona il merito e tantomeno rivela l’attitudine a intraprendere un Corso di Studi così particolare.

In assenza di un programma su cui prepararsi, si chiede a studenti provenienti da vari indirizzi scolastici, di ipotecare il proprio futuro in poche decine di minuti. In questo modo, l’accesso all’Università avviene più per fortuna che per capacità.

Il punteggio attribuito al voto di maturità inoltre, a causa della disomogeneità fra le varie Scuole Superiori di provenienza, crea discriminazione.

Nel caso di mancato superamento del test, solo chi può attendere un altro anno, magari frequentando costosi corsi di preparazione privati, può riprovare nuovamente la “lotteria” dell’esame, sperando nella buona riuscita.

E ancora, il test nazionale potrebbe costringere lo studente a iscriversi ad una Facoltà di Medicina in una città lontana, gravando economicamente talora in modo insostenibile sulla famiglia, con una compressione dei diritti affettivi, familiari e sociali.

Non meno errato e illusorio anche il metodo francese, suggerito da più parti, il quale propone una selezione al termine del primo anno di corso, con un esame sulle materie oggetto di studio. Tuttavia, anche in questo caso, la disomogeneità dell’offerta formativa fra i vari Atenei, a fronte di un test nazionale, rende impossibile un’imparziale valutazione, spostando di fatto il problema in avanti di un anno e anzi aggravandolo nel caso di mancato superamento, con un ancora maggiore dispendio di tempo e di denaro.

Alla luce delle considerazioni sopra specificate, si chiede che venga abrogata la Legge 264/99, affinché vi sia libero accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, dando la possibilità agli studenti tutti di scegliere liberamente il proprio futuro nel nostro Paese, senza essere costretti a immaginarlo altrove. Tale istanza nasce dalla speranza di veder riconosciuto il diritto allo studio sancito dalla nostra Costituzione e quindi rendere accessibili i livelli più alti dell’istruzione, anche a quegli studenti le cui condizioni socio-economiche risultino essere disagiate (artt. 3 e 34).

Perché tale proposito si realizzi, è necessario un maggiore finanziamento all’Università, affinché le Facoltà di Medicina vengano poste nelle condizioni, sia sotto il profilo delle Risorse Umane che delle strutture, di accogliere tutti gli studenti che ne facciano richiesta.

Infine, sarebbe auspicabile una revisione del sistema formativo universitario che mettesse al centro lo studente e non si limitasse unicamente al taglio delle risorse relative all’istruzione, dando voce solamente alle richieste del mondo del lavoro e a interessi di categoria. 

Redazione

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