La petizione promossa dall’Unsic (Unione sindacale imprenditori e coltivatori) per continuare con la didattica a distanza anche dopo il 7 gennaio ha ormai ampiamente superato le 100mila adesioni.
“Lontani da un dibattito tutto ideologico tra fautori della scuola in presenza o della didattica a distanza, noi poniamo almeno due dati di fatto – spiegano dall’Unsic -innanzitutto riaprendo le superiori in presenza, seppure a metà, si determineranno tra studenti, docenti, familiari e utenti del trasporto pubblico non meno di sei milioni di contatti al giorno. Se l’imperativo è ridurre le occasioni di distanziamento, c’è coerenza o incoscienza in tale scelta di riaprire, tra l’altro con poche novità in termini di presidi sanitari a scuola, tracciamenti o forte potenziamento dei trasporti?”
Ma – sempre secondo l’Unsic – c’è un altro dato inconfutabile: “Lo scorso 14 settembre, alla prima campanella, in Italia erano 1.008 i nuovi casi quotidiani di Covid e 14 i decessi; il 7 gennaio, quando riapriranno le scuole, casi e decessi saranno oltre dieci volte di più. Insomma, è concreto il rischio di alimentare una terza ondata peggiore delle altre perché molti ospedali sono ancora in sofferenza, partono le influenze stagionali e si rischia di inficiare la campagna vaccinale appena cominciata”.
“C’è una maggioranza silenziosa – conclude Unsic – preoccupata per questo rischio e vuole responsabilmente salvaguardare vite umane e attenuare le sofferenze”.
Sulla stessa lunghezza anche i sindacati scuola che, pur senza lanciare petizioni, stanno sostenendo che la ripresa della didattica in presenza va rimandata.
“La riapertura della scuola il 7 gennaio è troppo rischiosa – dichiara Elvira Serafini, segretario nazionale dello Snals – stiamo prendendo atto dei problemi dell’aumento dei contagi di questi giorni. Il 18 gennaio potremmo già avere un’idea dell’andamento epidemiologico e decidere a ragion veduta”.
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