Sui primi numeri che stanno uscendo a proposito del Piano Estate abbiamo chiesto qualche parere ad esperti che in queste settimane sono più volte intervenuti in rete sull’argomento.
“Il dato riportato dal ministro Bianchi – afferma Raffaele Iosa, ex dirigente tecnico, autore insieme con Massimo di Nutini del recentissimo ebook Estate educativa – mi ha colpito perché mi sembra che vada ben al di là delle più rosee aspettative. Complessivamente mi sembra un dato che segna un piccolo cambio di passo pedagogico e sociale, mi pare che si stiano affermando nella scuola ma anche nei territori quelle che io definisco le passioni generose”
“Bisogna fare alcune precisazioni importanti” afferma Stefano Stefanel, dirigente scolastico dell’istituto Marinelli di Udine che aggiunge: “Intanto va detto che i PON si possono concludere entro il 31 agosto 2022 e quindi non hanno necessariamente molto a che fare con l’estate. Inoltre i soldi dell’art. 31 comma 6 del D.L. del 22 marzo 2021 si possono ‘impegnare’ entro il 31.12.2021 e quindi anche questo non necessariamente devono essere estivi. Peraltro va anche detto che i progetti ai sensi della legge 440 vanno presentati entro il 25 maggio e quindi non sono ancora stati contati”.
“Resta un dato da evidenziare – conclude Stefanel – in quanto oltre 2mila scuole non hanno chiesto niente e questo dovrebbe far riflettere un po’ tutti”.
Emanuele Contu, dirigente scolastico dell’IS Puecher Olivetti di Rho entra nei dettagli e avverte: “Prima di trarre qualunque conclusione anche solo ipotetica, occorre disporre di diversi elementi: qual è stata la richiesta di finanziamento medio e il numero medio di moduli che ci si è proposti di attivare; qual è la calendarizzazione effettiva dei moduli; quanti sono gli alunni che potranno essere coinvolti (il massimo è 20 a modulo di 30 ore); qual è la distribuzione tra primaria, secondaria primo e secondaria secondo grado”.
“Se devo fare un pronostico – aggiunge ancora Contu – l’impatto reale sull’utenza di centri estivi e oratori feriali potrebbe essere limitata”.
A conti fatti le attività estive potrebbero essere apprezzate dalle famiglie che sarebbero sgravate dei costi dei classici centri estivi.
Secondo dati della Federconsumatori risalenti al 2018 il costo settimanale dei centri varia molto a seconda delle attività offerte: si parte da 122 euro settimanali per centri estivi che propongono attività all’aperto, in campagna o in piccoli agriturismo e 129 euro per centri con laboratori di scienza, teatro e pittura per arrivare a 185 in quelli che propongono attività sportive e 275 per centri con corsi di inglese.
Si tratta di un settore importante che dà lavoro a cooperative e associazioni e che risponde ad educative e esigenze sociali importanti.
“In periodo pre-covid – afferma Massimo Nutini, ex dirigente di Enti Locali e ora consulente dell’Associazione nazionale Comuni italiani – le iniziative dei centri estivi erano utilizzate da 5-600 mila ragazzi con un esborso da parte delle famiglie non trascurabile. Se adesso 6mila istituzioni scolastiche realizzassero iniziative che coinvolgono mediamente 50 alunni (e faccio una stima volutamente per difetto) l’offerta di “servizi educativi” per questa estate sarebbe incrementata di 300mila posti per i quali, tra l’altro, molto probabilmente, non ci sarebbe da pagare nessuna retta”.
Ma, giunti al termine dell’esperienza, come potremo capire se i soldi sono stati spesi bene? Lo abbiamo chiesto a Franco De Anna, ex dirigente tecnico con una lunga esperienza proprio in materia di valutazione dei PON: “È problema di sempre. Bisogna distinguere, appunto tra ‘controllo’ contabile e amministrativo e ‘valutazione’ che deve raccordare e confrontare obbiettivi del progetto e risultati. Occorre un sistema di monitoraggio analitico capace di interrogare tutti i protagonisti coinvolti (dal personale delle scuole agli studenti, al contesto territoriale) soprattutto per progetti che hanno un largo riferimento alla domanda di formazione”.
“Nella mia esperienza di valutazione dei ‘vecchi’ PON di finanziamento europeo per le Regioni del mezzogiorno – aggiunge – ho spesso verificato la scarsa significanza di ‘schede e protocolli’ e la necessità di osservazione ravvicinata sul campo. Ricordo ad esempio bellissimi laboratori di informatica perfettamente attrezzati (spesso anche troppo), ma alla visita sul campo deserti e pulitissimi, senza un segno di frequentazione”
“Spesso – conclude De Anna – nella mia visita di verifica dei PON, chiedevo di andare in bagno: utilizzavo spesso come indicatore di risultato dell’impegno per il miglioramento della scuola (che è la finalità ultima di ogni progetto) lo stato dei bagni degli studenti. Ovviamente ora si pone il problema centrale di come e soprattutto chi operi in tale attività di monitoraggio e valutazione clinica delle attività”
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