Prosegue nelle Commissioni parlamentari l’esame del Piano Programmatico previsto dall’art. 64 della legge 133 che, nei giorni scorsi, ha ottenuto anche il parere (negativo) della Conferenza unificata.
In settimana la presidente della Commissione Cultura della Camera Valentina Aprea ha anche presentato una bozza di parere che accoglie molte delle perplessità e delle proposte di modifica formulate dall’opposizione.
La soluzione adottata è quella di un “parere favorevole con condizioni”, condizioni che però potrebbero essere tranquillamente disattese dal Governo al momento della firma definitiva del provvedimento.
In ogni caso le due Commissioni non hanno ancora espresso il proprio voto che, probabilmente, ci sarà negli ultimi giorni di novembre.
In ogni caso le due Commissioni non hanno ancora espresso il proprio voto che, probabilmente, ci sarà negli ultimi giorni di novembre.
Contrastanti i commenti, a dimostrazione che – almeno in questa fase – opposizione e sindacati non sono affatto uniti sulla valutazione da dare alle nuove norme sulla scuola.
Francesco Scrima, per esempio, dichiara con soddisfazione che “nella bozza di parere … sono recepite seppure in parte, le ‘osservazioni’ formulate dalla CISL Scuola”.
“Siamo in presenza di una buona base per la discussione che avverrà in Commissione – prosegue Scrima – auspicando che nel confronto con l’opposizione siano introdotti nel parere definitivo ulteriori elementi migliorativi, anche per quanto riguarda il versante della manovra finanziaria”.
Del tutto diversa è invece la posizione espressa da Flc Cgil che peraltro ammette che le condizioni alle quali viene subordinato il parere favorevole sono particolarmete significative: il riconoscimento delle 40 ore – con due insegnanti per classe – come orario obbligatorio nella scuola dell’infanzia, l’orario nella scuola primaria determinato dalle richieste delle famiglie, il tempo pieno con due insegnanti per classe, la garanzia di un docente ogni due alunni disabili, la revisione dei tagli previsti per il personale Ata per non ricorrere all’esternalizzazione dei servizi.
Ma, osserva Flc, tutto questo “non fa venir meno le nostre valutazioni e il nostro dissenso sul piano programmatico e sull’insieme dei provvedimenti del governo e del ministro sulla scuola”.
“E’ bene ribadire – conclude Flc – che se non si ritirano gli 8 miliardi di tagli, ogni modifica, se pur positiva, al disegno di destrutturazione del sistema pubblico di istruzione risulterà vana”.
A queste condizioni appare ormai chiaro che lo “strappo” fra Cgil e Cisl è difficilmente recuperabile.
E la frattura diventerà ancora più profonda dopo lo sciopero del 12 dicembre che vedrà invece uniti Cgil, Cobas, CUB e SdL.
Sembra insomma che si stia formando un fronte anti-Gelmini (ma forse sarebbe più corretto dire anti-Governo) con Cgil e una parte consistente del sindacalismo di base (manca per ora all’appello l’Unicobas).
Ma per capire se questo fronte avrà un futuro, bisogna aspettare l’esito dello sciopero del 12 dicembre.