Piano Renzi: Gae, la prima mossa è giusta

Ho letto con interesse l’articolo in home page di Lucio Ficara “La ‘buona scuola” in tre mosse e senza scacco al Re…nzi”. E vorrei aggiungere alcune riflessioni

Penso che la scuola vista da Renzi sembra volersi dare un assetto stabile. Cominciare assorbendo il precariato, assumendo il personale presente nelle graduatorie ad esaurimento è la mossa giusta per attuare altre riforme fra le quali quella forse più importante dell’offerta formativa che sino a questo momento, proprio per la mancanza di un assetto definito, è stata realizzata con provvedimenti disorganici. Intendo dire che per adeguare ai tempi la didattica da cui dipende la preparazione delle future risorse umane del nostro paese, è necessario chiudere la fase del precariato per non dovere pensare più alla scuola come un comparto della pubblica amministrazione dove sistemare forza lavoro.
 
Solo così sarà possibile concentrarsi per predisporre un’offerta formativa capace di individuare i profili professionali e tecnici in grado di preparare i giovani al mondo del lavoro.
Ma il modello Renzi, per elaborare un piano degli insegnamenti capace di metterci in competizione con gli altri paesi dovrà stabilizzare non solo i precari ma anche considerare l’apparato burocratico complessivo della scuola, e, se è vero che per quanto riguarda il reclutamento dei docenti il quadro che viene fuori è complessivamente coerente con ciò che ci si aspetta dagli insegnanti (chi insegna in lettere è laureato in lettere e chi fa diritto è laureato in giurisprudenza o economia per fare un esempio), la stessa cosa non si può dire per le figure cd apicali.
 
Pertanto ritengo che la successiva riforma prodromica a quella che mi piace definire della didattica del nuovo millennio, dopo l’assorbimento del precariato, dovrebbe essere quella relativa alla dirigenza, intendendo per tale non soltanto quella dei dirigenti scolastici ma anche dei funzionari del Miur. Sarebbe opportuno infatti una smantellamento completo degli attuali criteri di reclutamento che non tengono in assoluto conto delle professionalità necessarie per dirigere, gestire e portare avanti una istituzione scolastica con l’obiettivo di raggiungere risultati ragguardevoli.
In realtà – come ho già scritto qualche tempo fa – a questo si è pensato in passato ma le iniziative intraprese si sono limitate a riforme appena nominali.
Si pensi alla stessa terminologia usata un tempo di bidello, applicato di segreteria, segretario, preside divenuti rispettivamente collaboratore scolastico, assistente amministrativo, direttore dei servizi generali e amministrativi e dirigente scolastico, per comprendere quanto sottesa a questa trasformazione ci fosse la volontà di dare nuove mansioni ai soggetti interessati alla luce del mutato quadro burocratico-amministrativo.
 
Al cambiamento nominale però non è seguito completamente quello sostanziale. Infatti se proviamo a pensare ad altre istituzioni amministrative il cui modello organizzativo-burocratico nelle varie riforme scolastiche è stato “scimmiottato”, le figure apicali vengono reclutate tenendo nella massima considerazione il settore d’appartenenza.
Così per farla breve, all’ufficio tecnico di un ente locale, il dirigente è un Ingegnere, ai servizi finanziari c’è un laureato in economia o con titolo di studio affine. E infine al massimo grado della burocrazia comunale ad esempio c’è il segretario o direttore generale (secondo il livello) che per diventare tale deve partecipare ad un concorso per il quale è necessaria la laurea in giurisprudenza, economia ed altre equipollenti.
 
Si tratta di dirigenti che hanno compiti ben specifici che richiedono dettagliate conoscenze come ad esempio la materia urbanistica, i bilanci comunali, la stipula di contratti di grosso valore, l’indizione di gare, etc. Per cambiare la scuola in meglio e adeguarla ai nuovi tempi, dunque si potrà utilizzare il personale presente nella graduatorie ad esaurimento, divenuto stabile assegnandolo alla didattica in senso stretto e/o all’organizzazione della didattica (vedi organico funzionale). Ma la nuova dirigenza, ovvero i prossimi manager pubblici della scuola, dovranno avere necessariamente caratteristiche diverse da quelle attuali, essendo anche diversi i compiti da svolgere, circostanza che peraltro, già oggi, dovrebbe essere così. Infatti, non sono pochi i funzionari, a cui va un plauso, che per forza di cose hanno imparato sul campo quanto gli studi non ha consentito loro.
 
Quanti sono coloro – ci domandiamo – che non hanno alcuna conoscenza giuridica derivante dagli studi? Basta pensare a coloro che hanno seguito percorsi professionali dalla scuola superiore all’università dove non era neanche lontanamente prevista una materia da sostenere come il diritto amministrativo o privato ed ora si trovano a dover districarsi nella matassa della burocrazia ministeriale fatta di circolari, leggine, sentenze ed atti. Ecco, la scuola di Renzi, dovrà puntare anche su nuovi sistemi di reclutamento.
 
L’ex Ministro Carrozza un primo segnale lo ha dato cambiando la procedura di assunzione dei dirigenti scolastici che adesso saranno selezionati annualmente attraverso un corso-concorso di formazione della Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Si è trattato di un’iniziativa lodevole che spero non venga vanificata offrendo opportunità di accesso al concorso a chi, effettivamente, non ha la cultura giuridica, amministrativa, finanziaria ed economica sufficiente a dirigere un’organizzazione amministrativa complessa come quella scolastica. Non solo ma sarebbe auspicabile che simile procedura di reclutamento venisse estesa anche ad altre figure apicali che operano nel mondo della scuola.
 
 
Sarebbe curioso, infatti, il caso – per fare un esempio – di un ex avvocato che abbandonata la professione forense dopo avere vinto il corso-concorso e quindi divenuto dirigente scolastico, si trovasse a discutere di norme (leggi, leggine e circolari normative che affollano la complessa legislazione scolastica) con un cd dirigente di grado superiore il quale è sì un dirigente, probabilmente anche bravo ma che ha dovuto imparare sul campo quanto gli studi condotti non gli hanno consentito poiché in essi neanche un esame di diritto (amministrativo) era previsto nel piano di studi del suo corso.
I lettori ci scrivono

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