Tra le voci critiche circa il cosiddetto “Piano Scuola 4.0” (adottato dal ministero dell’istruzione con il decreto n. 161 del 14 giugno 2022), ecco ora anche quelle dei giuristi. Fin dal 2021 avevamo segnalato il rischio che i fondi del PNRR fossero l’occasione per realizzare una riforma non dichiarata, senza discussione parlamentare. Sul tema si è recentemente espresso il giurista e docente universitario Giuliano Scarselli; del quale si legge, sul sito della rivista Giustizia Insieme (“dedicata al confronto tra magistrati, avvocati, studiosi del diritto e società civile”), un articolo di analisi giuridica intitolato “Il Piano Scuola 4.0., una rivoluzione che i giuristi non possono ignorare”. Lettura peraltro interessante e piacevole, che vivamente consigliamo.
Professore ordinario di diritto processuale civile nell’Università di Siena, Scarselli ha al proprio attivo numerose pubblicazioni giuridiche, tra cui l’ormai classico manuale di Ordinamento giudiziario e forense, adottato in varie Università e riassunto nella voce della Enciclopedia del Diritto del Sole 24 ore “Ordinamento giudiziario”.
Scarselli considera il Piano Scuola 4.0 avulso da Costituzione e leggi, perché «non sembra aver rispettato né il principio costituzionale della libertà di insegnamento, né quello relativo al diritto dei nostri giovani di avere una formazione culturale libera, critica e indipendente»; lo reputa perciò incostituzionale.
Con linguaggio preciso il giurista stigmatizza, non senza ironia, l’abuso (già notato dalla nostra testata) di termini inglesi in un decreto italiano: «ogni norma avente effetti in Italia non può che essere scritta in italiano, e il dato, del tutto evidente, è stato confermato da tempo dalla stessa nostra Corte Costituzionale, che con la sentenza 11 febbraio 1982 n. 28 ha già avuto modo di statuire che “Il riconoscimento della lingua italiana come unica lingua da usare obbligatoriamente nell’esercizio delle attribuzioni dei pubblici uffici(…) è confermato per implicito dalla Costituzione”. Dunque, finché il Ministero dell’Istruzione non provvederà a tradurre in italiano l’allegato 1 del decreto n. 161 del 14 giugno 2022, il c.d. Piano Scuola 4.0. a mio parere presenta profili di incostituzionalità anche solo per questa ragione».
Le prese di posizione di varie scuole, contrarie al piano di digitalizzazione dell’istruzione, hanno insomma precisi fondamenti giuridici. Il Piano Scuola 4.0 non è un semplice investimento per migliorare gli arredi (per il quale un decreto ministeriale basterebbe). Esso «travolge la scuola nei suoi valori e principi primi, e dunque l’attuazione del PNRR andava data con una fonte normativa primaria, e non con un regolamento ministeriale». Per vararlo, insomma, sarebbe doveroso un approfondito dibattito parlamentare, con successiva votazione di leggi apposite, da passare poi all’attento vaglio della Corte Costituzionale.
Ma c’è di più: il D.M. 161/2022 «contrasta con lo stesso PNRR e con la stessa decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione Europea del 13 luglio 2021 che ha approvato il PNRR, poiché entrambi demandavano al Ministero dell’Istruzione solo l’attuazione degli investimenti e il compimento di quelle attività strumentali e/o materiali relative a ciò, mentre il decreto in questione è andato evidentemente oltre, e ha provveduto a dettare la disciplina della nuova scuola, così eccedendo i limiti di un decreto ministeriale». Esso viola inoltre l’articolo 117 della Costituzione, comma 1, lettera n), secondo il quale «le “norme generali sull’istruzione” devono essere date dallo Stato con legge, e non con un decreto ministeriale». E viola anche il D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297 (“Testo Unico” della Scuola), art. 205, che consente al ministro dell’istruzione soltanto di emanare regolamenti su scrutini, esami, discipline d’insegnamento; «non altro». Tutti gli interventi di portata consistente, in passato, sono stati adottati per legge, non mediante decreti di un singolo ministro.
«Il PNRR», sottolinea Scarselli, «non fa venir meno nemmeno la forza dell’art. 4 delle preleggi secondo il quale: “I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge”, e a maggior ragione, aggiungerei, alle disposizioni costituzionali». Sono due «i principi cardini costituzionali in materia di scuola» secondo il giurista: «il diritto alla libertà d’insegnamento e il diritto dei ragazzi a ricevere una educazione culturale ed umana che consenta loro di essere un domani cittadini liberi e dignitosi di una società democratica e pluralista». Diritti assicurati dalla Costituzione (art. 33, 1° comma); dal Testo Unico D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297 (art. 1); e dal DPR 8 marzo 1999 n. 275 (art.1).
Come è possibile che i latori del Piano Scuola 4.0 non si siano accorti delle forzature in cui stavano incorrendo? Perché tutta questa fretta di imporlo senza discussioni? Forse perché «ce lo chiede l’Europa»? O ci sono in gioco — come malignano i sospettosi — interessi più grandi?
Il giurista si è espresso chiaramente. Sta ora ai docenti italiani (cui raccomandiamo di leggere l’articolo originale del giurista) fare la propria parte per difendere i propri diritti, i diritti dei discenti loro affidati, e la tutela dell’istituzione Scuola, che sul loro lavoro e sulla loro cultura è edificata.
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