La regressione degli apprendimenti ufficializzata dai risultati delle prove Invalsi, specie in quelle aree geografiche e in quei gradi di scuola dove si è ricorso alla DaD in modo prolungato, nonché i risultati della ricerca della Fondazione Agnelli che sanciscono una pratica didattica scarsamente innovativa da parte dei docenti nei periodi di didattica a distanza, rimettono al centro dell’attenzione la questione della formazione docenti, cui, non a caso, il Piano scuola del Ministero dell’Istruzione dedica un paragrafo a sé.
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Il rinforzo della didattica
“La regressione degli apprendimenti non è colpa della DaD”, ha affermato qualche giorno fa Roberto Ricci, responsabile delle prove Invalsi, audito in Parlamento. “Alla base vi sono problemi preesistenti”. Che si tratti di lavorare con la didattica a distanza o con quella in presenza, insomma, che il problema sia la DaD o che si tratti di una criticità preesistente, il risultato non cambia: bisogna implementare pratiche di insegnamento maggiormente legate all’uso delle nuove tecnologie. Un rinforzo della didattica che servirà, in prospettiva, secondo il documento ministeriale, a garantire che il digitale potenzi la didattica in presenza. Una esigenza più volte rilevata anche dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che da sempre punta sulla formazione del personale della scuola sul fronte tecnologico.
Il Piano scuola, infatti, precisa: Occorre continuare ad organizzare – singolarmente o in rete, mediante webinar o in presenza, in ragione dell’evoluzione pandemica – attività di formazione per il personale docente e ATA, così da consolidare le competenze nell’utilizzo delle nuove tecnologie acquisite nei due precedenti anni scolastici. L’obiettivo è quello che il “digitale” possa divenire strumento di rinforzo della didattica “in presenza” e, più in generale, delle competenze professionali di tutto il personale. Come ovvio, i percorsi formativi devono essere preventivamente deliberati dagli Organi collegiali.