E’ stata pubblicata ieri la nota 1731 del 26 marzo 2024 che presenta le nuove funzionalità della “Piattaforma Unica” rilasciate a partire dal 27 marzo 2024 e fornisce indicazioni tecniche riferite alla gestione della piattaforma. Alcune di queste, tra l’altro, abbastanza discutibili. Ad esempio al punto “Caricamento dei moduli di orientamento formativo su SIDI” non viene indicato come caricare i moduli di orientamento svolti nella loro interezza dalla scuola senza utilizzare percorsi realizzati presso Università ed Enti per i quali è indicato il percorso di caricamento.
Ma, al di là di questi e altri aspetti tecnici, credo sia importante andare al cuore della questione, ovvero al fatto che, finalmente, studenti del triennio delle scuole secondarie superiori e tutor degli stessi possono attivarsi per popolare l’E-Portfolio.
A mio parere, infatti, l’E-Portfolio può costituire un significativo punto di svolta non solo in ordine al processo di orientamento come costruzione del progetto di vita dello studente ma anche in ordine alla innovazione didattica e al passaggio ad una didattica per competenze oltre che ad una valutazione formativa e formante.
Su questo ho voluto sentire alcuni dirigenti scolastici di scuola secondaria superiore particolarmente attenti all’innovazione didattica; ma prima di presentarvi il loro parere su alcune questioni relative all’E-portfolio e all’Orientamento “ripassiamo” il significato di E-Porfolio, Tutor e Capolavoro andando a rileggere le Linee Guida.
Linee Guida punto 8 (paragrafo 1 e 2).
8.2 L’E-Portfolio integra e completa in un quadro unitario il percorso scolastico, favorisce l’orientamento rispetto alle competenze progressivamente maturate negli anni precedenti e, in particolare, nelle esperienze di insegnamento dell’anno in corso. Accompagna lo studente e la famiglia nell’analisi dei percorsi formativi, nella discussione dei punti di forza e debolezza motivatamente riconosciuti da ogni studente nei vari insegnamenti, nell’organizzazione delle attività scolastiche e nelle esperienze significative vissute nel contesto sociale e territoriale. Se l’obiettivo è l’orientamento, le strategie sono la personalizzazione dei piani di studio, l’apertura interdisciplinare degli stessi, l’esplorazione delle competenze maturate anche in ambienti esterni alla scuola.
8.2. L’E-Portfolio consente, da un lato, di mettere in evidenza le competenze digitali di ogni studente ed eventualmente accrescerle anche con appositi interventi di sostegno da parte delle istituzioni scolastiche e formative; dall’altro lato, di valorizzare le competenze acquisite, di avere a disposizione le più importanti prove di una trasformazione di sé, delle relazioni con la cultura, il sociale, gli altri e il mondo esterno, a partire dal mondo del lavoro e del terzo settore.
1. aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-Portfolio personale e cioè:
a. il percorso di studi compiuti, anche attraverso attività che ne documentino la personalizzazione;
b. lo sviluppo documentato delle competenze;
c. le riflessioni in chiave valutativa, auto–valutativa e orientativa sul percorso svolto e, soprattutto, sulle sue prospettive.
d. la scelta di almeno un prodotto riconosciuto criticamente dallo studente in ciascun anno scolastico e formativo come il proprio “capolavoro“.
Alessandra Rucci dirige il liceo Galileo Galilei di Ancona e condivide l’idea che il “capolavoro” abbia una grande valenza sia orientativa che didattico/pedagogica. Dice infatti: “Il capolavoro è un elemento di rottura che può portare la didattica a una bella virata. Lo vedo nella mia di scuola dove, fatta eccezione per le UDA orientative che il capolavoro lo producono sul serio, i ragazzi non hanno molte altre esperienze oltre ai compiti tradizionali, figli di una didattica trasmissiva. Io spero che questo rappresenti una spinta per tutti gli immobilisti. Nella nostra scuola abbiamo preso con grande serietà le linee guida e abbiamo lavorato con tanta fatica ma costruendo e sperimentando buoni percorsi”.
Antonio Fini, dirigente scolastico a La Spezia dell’IIS Capellini – Sauro”, allarga lo sguardo e segnala alcune criticità, in primo luogo organizzative: “Credo dobbiamo onestamente fare un’analisi costi/benefici intendendo per costo tutte le voci, anche di risorse umane e intellettive necessarie e il livello di miglioramento ottenuto. Spesso nella scuola italiana anche le migliori innovazioni corrono il rischio di ridursi inesorabilmente al solo adempimento burocratico che tende poi a fagocitare sempre tutto.”
Pier Vincenzo Di Terlizzi, dirigente del Tecnico Professionale Zanussi di Pordenone sottolinea, in prospettiva, anche un’altra questione (che tra l’altro era centrale nella nostra inchiesta sull’orientamento di alcuni giorni fa). “Un problema serio è che l’orientamento – dice Di Terlizzi – non mi pare facilmente sostenibile economicamente così com’è partito, i fondi di quest’anno sono stati probabilmente un’eccezione legata al PNRR ma che difficilmente saranno sostenibili in futuro. Certo, condivido le considerazioni sul forte impatto che didattica orientativa e generatività del concetto di “capolavoro” recano al vissuto della scuola ma, concretamente, condivido anche il disincanto del collega Fini”.
Fini, Di Terlizzi, ma anche Domenico Ciccone, dirigente a Saviano (NA) dell’Isi Montalcini-Ferraris, concordano nel ritenere che il problema è spesso costituito dalla gestione al SIDI: “Come si può pensare – dicono in coro – che le segreterie possano ritrovarsi a gestire l’immensa mole di lavoro derivante dalla gestione della piattaforma Unica, che si aggiunge a tutte le altre piattaforme che le segreterie devono utilizzare quali Mepa, PNRR, Pon/PN sempre più astruse e complesse?”.
Domenico Ciccone si chiede anche che senso abbia avuto nominare e pagare i docenti tutor se per questo anno scolastico si rischia che il loro lavoro si riduca ai soli mesi di aprile e maggio visto che prima, in sostanza, la piattaforma Unica non era attiva.
Del resto, chiude Alessandra Rucci, “sarebbe anche il caso di interrogarsi sull’utilità o meno di tutto l’apparato dei tutor. Basterebbe forse che i docenti facessero il loro lavoro come dovrebbe essere interpretato nella società in cui viviamo: costruzione di competenze, attività laboratoriali, educazione al pensiero critico, valutazione formativa e l’orientamento sarebbe implicitamente insito nel percorso”.
Del resto, sia Rucci che Di Terlizzi concordano con l’affermazione che, “i tutor non possono fare granchè: il numero di studenti affidati è troppo alto, non hanno la vista della piattaforma, non sono formati adeguatamente e non possono combattere contro i mulini a vento di una didattica tutta basata sul paradigma trasmissivo, affastellata di contenuti”.
Sconsolato un dirigente che ha seguito in silenzio il nostro dibattitto chiude dicendo: “state sereni, finirà tutto in un paio d’anni”, identificando così il vero malessere della scuola italiana, investita continuamente da cambiamenti che continuano poi a cambiare senza che in realtà nulla cambi.
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