Nella giornata di ieri, 1 settembre, è stata divulgata la pagella di uno studente illustre del liceo classico torinese D’Azeglio: Piero Angela, che ci ha lasciati lo scorso 13 agosto. Il documento, risalente agli anni Quaranta, riporta sorprendentemente, vista la futura carriera da studioso e divulgatore del padre di Alberto Angela, dei voti bassi. Ma davvero chi ha una pagella “scarsa” ha già un percorso scritto? Ed è così strano che chi ha un percorso brillante nella vita abbia prima ottenuto voti bassi a scuola?
A riflettere su questi temi, proprio in un periodo in cui si discute della reintroduzione dei voti nella scuola primaria, è stato Franco Francavilla, che dirige proprio l’istituto frequentato, nell’adolescenza, da Angela. Quest’ultimo, intervistato da La Repubblica, crede che i voti non siano tutto nella vita, anzi.
La concezione dei voti nella scuola italiana
“Non è un caso così raro: studenti che non brillano a scuola poi fanno carriera. Si cita spesso il caso di Einstein. Ma anche Piero Angela colpisce perché era stato rimandato in materie dell’ambito scientifico, di cui si è occupato per tutta la vita come divulgatore. E viceversa, non sempre avere una pagella da cento e lode porta nella vita ad avere altrettanto successo. Entrano in gioco altre aspirazioni”, ha esordito il preside.
Secondo Francavilla non bisognerebbe incastrare gli studenti in un certo voto, cosa che a suo parere fanno i docenti delle scuole secondarie: “Credo che uno dei problemi nella scuola superiore italiana, e probabilmente non solo italiana, è essere un po’ troppo limitati all’ambito disciplinare. A volte, incasellando, ci perdiamo la complessità dello studente e potenzialità che non vediamo perché non rientrano nella matematica e nell’italiano”.
Cosa insegna il caso di Piero Angela
C’è di più: secondo il DS l’istruzione dei ragazzi non dovrebbe essere relegata ai banchi di scuola: “Bisognerebbe essere più olistici, tenere conto della persona nel suo complesso. Secondo me lo sanno fare meglio i docenti dei primi gradi d’istruzione. Salendo si perde un po’ di vista l’insieme perché ci specializziamo troppo nell’ambito disciplinare. Lo vediamo nei cosiddetti Pcto, i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, o nelle attività esterne come le gite”.
“Interesse e creatività” sono due materie che Francavilla inserirebbe, ad esempio, in pagella. Questa, secondo lui, “dice quello che si può rilevare nell’ottica disciplinare della scuola ed è ciò che noi dobbiamo fare. Però dobbiamo sapere che vediamo solo una parte. E forse neanche la più importante. Questo ridimensionerebbe alcune storture, come quando si porta lo studente a credere che valga 4”.
“Gli studenti possono esprimere attitudini e valori umani che il dato non potrà mai rappresentare. Il rischio di queste scuole, soprattutto quelle molto esigenti, è ridurre tutto al percorso scolastico. A volte c’è l’idea che se frequenti il Conservatorio, o vuoi fare l’atleta di alto livello, perdi tempo rispetto alla scuola. Credo sia una visione deformante, ce lo insegnano casi proprio come quello di Piero Angela. Allora erano rigidi: non si poteva definire ‘studente brillante’, ma chi non vorrebbe una carriera e un’esperienza di vita come la sua?”, ha concluso.