Pisacane, la rivolta delle mamme: la scuola non si intitolerà ad un giapponese
A pochi giorni del termine dell’anno scolastico si accende di nuovo la polemica tra le associazioni che rivendicano posizioni contrapposte sull’organizzazione ed il futuro della scuola primaria Carlo Pisacane di Rom, l’istituto che a livello nazionale ed europeo detiene il record dell’85% di iscritti nati da genitori stranieri.
Dopo la difesa ad oltranza espressa nelle scorse settimane dalle maestre della scuola capitolina attraverso una lettera aperta inviata alla Commissione Scuola della Regione Lazio, tramite cui hanno difeso pubblicamente il modello d’integrazione che vede coinvolti ben 140 alunni provenienti da 15 zone geografiche diverse, stavolta la scena è stata occupata dalle mamme degli iscritti italiani. E le donne, riunitesi sotto il “Comitato delle mamme per l’integrazione”, si sono opposte con fermezza alla la possibilità che la scuola cambi nome.
In futuro l’istituto, su iniziativa del Consiglio di circolo, sembra sia destinato a chiamarsi “Tsunesaburo Makiguchi”: la richiesta è ora al vaglio dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio. Sarà l’Usr a verificare la compatibilità dell’istituto con il nome di un educatore giapponese che rinnovò fortemente il sistema educativo dell’isola del Sol levante, alla fine del secolo scorso, introducendo l’idea che lo scopo dell’educazione sia rendere le persone capaci di creare valore in ogni circostanza e, quindi, costruire la felicità per sé e per gli altri, in aperto contrasto con i sistemi educativi, più restrittivi, del Giappone di allora.
La portavoce del Comitato di mamme italiane, Flora Arcangeli, lamenta una trasformazione radicale della storica scuola romana situata nella zona popolare di Tor Pignattara: “la scelta di un nome straniero – dice la leader del Comitato – è solo l’ultimo passo di un disegno che ha portato in otto anni a creare una scuola di soli stranieri ed isolare i bambini italiani”.
Come in passato, la vicenda ha assunto anche connotati politici, anche a livello nazionale. Secondo Irene Aderenti (Lega Nord), componente della commissione Cultura del Senato, la scelta di cambiare nome alla scuola rappresenta “uno schiaffo alla cultura italiana, in modo particolare alla grande tradizione pedagogica del nostro Paese”. Per la senatrice della Lega Nord, “intitolare la scuola italiana, in Italia, ad un educatore giapponese denota proprio una emarginazione, una negazione e una arroganza nei confronti della nostra cultura. Bisogna organizzare un corso apposito per pronunciare tale nome”, aggiunge, citando il giapponese come ‘Makiguchu Tsunesaburo’.
Rincara la dose Marco Scurria, candidato al Parlamento europeo del Centro Italia per il Pdl, secondo cui la decisione di dare un nome giapponese alla scuola è il frutto del “furore ideologico della sinistra: i bambini della Pisacane – dice Scurria – sono costretti a imparare poesie in arabo. Sarebbe meglio, molto meglio – spiega – cominciare con le filastrocche italiane. Ma purtroppo accade anche questo a causa del furore ideologico della sinistra che vuole smantellare l’identità italiana partendo della scuola e dai bambini”.
A sentire però l’assessore alla scuola del Campidoglio, Laura Marsilio, la polemica non sussiste: “ho scritto – dice Marsilio – , anche in risposta all`accorato appello che mi è stato inoltratodal Comitato delle mamme della scuola Pisacane, al direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Maddalena Novelli, affinché non venga accolta questa richiesta di modifica. È importante – prosegue Marsilio – assegnare alla scuola quella continuità tra presente e passato la cui rilevanza storica affonda le proprie radici nella storia risorgimentale. Si tratta, infatti, di ribadire anche attraverso le intitolazioni di scuole il valore imprenscindibile di un`identità comune. Per quanto riguarda il pedagogo giapponese credo che la sua conoscenza possa essere comunque promossa attraverso altre iniziative e attività”.
Il problema, come noto, non è però solo quello del nome della scuola. “Con l`occasione – incalza l’assessore – ho anche sottoposto al nuovo direttore dell’Ufficio scolastico la problematica riguardante il mancato rispetto dell’accordo di rete, volto a favorire l`equa distribuzione di alunni stranieri nelle classi, da parte della stessa dirigente scolastica e che ha causato la riconferma per la prima elementare dell’80% di alunni non italiani”. Ora si aspetta una posizione ufficiale dall’Usr. Ma è probabile, vista la risonanza della vicenda, in ambito nazionale ed europeo, che anche il Miur venga chiamato in causa.