Il Senatore Mario Pittoni, responsabile federale Istruzione della Lega e Presidente della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato, tra le altre cose si sta occupando di modificare la norma che impone il limite di 36 mesi per il personale precario prima del definitivo licenziamento.
NORMA DEI 36 MESI DI LAVORO CON CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
La norma di cui si sta occupando il Senatore Mario Pittoni con un disegno di legge apposito è il comma 131 dell’art.1 della legge 107/2015.
Tale norma è quindi contenuta nella cosiddetta legge della “Buona Scuola”, ma per Mario Pittoni questa norma non ha nulla di buono, perché dopo 36 mesi complessivi di lavoro a tempo determinato, un docente o qualsiasi componente del personale Ata, verrebbero licenziati e mai più riassunti come precari.
Nel succitato comma 131 è scritto che a decorrere dal 1º settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi.
Questo significherebbe che se un docente ha lavorato per tutto l’anno nel 2016/2017, 2017/2018 ed avrà una supplenza annuale anche per l’anno scolastico 2018/2019, poi non potrà più essere chiamato dalle graduatorie di Istituto a fare altre supplenze annuali perché ha superato il limite complessivo dei 36 mesi.
PITTONI VUOLE MODIFICARE IL COMMA 131 DELLA LEGGE 107/2015
Tra i primi provvedimenti che ha in mente il Presidente della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato è quella di mettere lo stop alla pessima regola per cui dopo 36 mesi di lavoro precario nella scuola, da docente o da amministrativo, senza avere raggiunto il ruolo, vieni lasciato a casa e non più riassunto con contratto di lavoro a tempo determinato.
Il Senatore della Lega Pittoni è primo firmatario di un disegno di legge che reinterpreta a vantaggio dei lavoratori della scuola quanto sancito dalla sentenza della Corte di giustizia europea emanata il 26 novembre del 2014.