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Più matematica, test intermedi, bocciature e uniformi a scuola: le riforme del ministro dell’Istruzione francese Attal

Il sistema scolastico francese fronteggia, oltre agli effetti della modernizzazione – o secolarizzazione, termine gradito ed ampiamente utilizzato dall’Eliseo – una serie di problematiche non solo relative alla sicurezza del corpo docente e delle scuole nel loro complesso, ma anche all’effettivo rendimento degli studenti nelle discipline considerate strategiche nei percorsi di apprendimento. Il primo elemento da considerare, relativo alla sicurezza, vede dei deterrenti prima di natura educativa e solo in seguito pragmatica, come l’introduzione di sistemi di sicurezza all’accesso delle scuole site nei quartieri periferici a rischio.

Per il rendimento degli studenti il rapporto PIRLS – pubblicato l’estate scorsa da osservatori europei – ha confermato un relativo calo nelle prestazioni relativo alle discipline strategiche quali lettura, scrittura e comprensione del testo. Il limitato ricambio generazionale al fine di garantire un’età pensionistica equa al corpo docente – ad un livello di anzianità piuttosto elevato – resta sempre un’incognita per via di una professione onorevole che desta poca attenzione da parte delle nuove generazioni. L’Eliseo ha in mente differenti strategie per affinare il processo di modernizzazione della propria scuola pubblica: costume (introduzione di uniformi in tutti gli istituti), monitoraggio dei rendimenti (test di valutazione continui) e particolare attenzione alle discipline logico-matematiche.

Una crisi identitaria?

Dal 2000, lo studio del Programma per la valutazione internazionale degli studenti (Pisa) dell’OCSE ha misurato il rendimento degli alunni di 15 anni in matematica, scienze e lettura. Nell’ultimo lavoro reso pubblico, l’attenzione si è concentrata sulla matematica – e il rapporto triennale ha collocato la Francia al 23° posto, evidenziando un “calo senza precedenti” nel rendimento degli studenti, con risultati “tra i più bassi mai misurati”, secondo l’OCSE. Nelle discipline logico-matematiche, tra il 2018 secondo l’esperto in materia di istruzione dell’OCSE Eric Charbonnier, tra il 2022 e il 2022 si è verificato “un calo storico nel livello degli studenti”, mentre le riforme educative previste in Francia, va detto, non sono una reazione istintiva al rapporto OCSE appena pubblicato. 

“I test a livello nazionale sui ragazzi di 13 anni all’inizio di quest’anno accademico hanno dato risultati che hanno anche sollevato allarmi nei corridoi delle istituzioni educative.” Ora il Ministro dell’Istruzione Gabriel Attal ha annunciato piani per i bambini in età scolastica di affrontare i test all’inizio dell’anno scolastico alle 6eme (11 e 12 anni) e poi alle 4eme (13 e 14 anni), per inserirli nelle classi di matematica e francese, in base al rispettivo livello. I risultati non saranno scolpiti nella pietra: i ragazzi che si comportano bene potranno salire, mentre quelli in difficoltà scenderanno in termini di punteggio e dunque merito. Il Ministro ha annunciato l’introduzione di nuove prove scritte obbligatorie per tutti gli studenti delle scuole superiori in “matematica” e “cultura scientifica”.

Le iniziative sul tavolo: la questione controversa delle uniformi

Il ministro nel suo intervento fa riferimento a due materie d’esame separate: una per gli studenti che hanno scelto di specializzarsi in matematica a livello elevato e un’altra per quelli che la considerano una semplice disciplina integrativa. Secondo il ministro, ciò contribuirà ad “innalzare gli standard” in matematica. Attal ha anche confermato che nel 2024 sarà pubblicato un decreto sul “redoublement” (ripetizione di un anno scolastico).

Finora i genitori hanno avuto l’ultima parola sulla ripetizione dell’anno da parte dei propri figli, ma Attal vuole che siano gli insegnanti a prendere la decisione finale. Ha anche detto che un esperimento “su larga scala” di uniformi scolastiche sarà annunciato entro la fine dell’anno. “Sulla questione dell’uniforme sono diviso e non sono convinto che questa soluzione risolverebbe tutto”, ha insistito, ma ha detto che “sarebbe interessato a vedere quali risultati darebbe un esperimento su larga scala in termini di clima scolastico e di termini di innalzamento del livello dei nostri studenti”. Anche se non è entrato in molti ulteriori dettagli sulle uniformi, ha detto che le famiglie che hanno preso parte allo studio non vi rimetteranno di tasca propria. La questione delle uniformi resta assai controversa: il divieto dell’abbigliamento islamico in classe ha prodotto una forte risposta identitaria da parte delle comunità musulmana la quale conferma che le iniziative governative di fatto contribuiscano alla limitazione della libertà di espressione.

Andrea Maggi

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