Ci aveva provato l’ex Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo a portare l’orario di insegnamento dei docenti della scuola secondaria da 18 a 24 ore settimanali a parità di stipendio, adesso la proposta sarebbe ancora più pesante.
Tra le tante proposte che vengono inviate al Ministero dell’Istruzione per garantire la ripresa della scuola in presenza a partire dal 1° settembre 2020, c’è anche quella inviata da un gruppo di dirigenti scolastici, che andrebbe a prevedere una maggiore flessibilità oraria degli impegni dei docenti nell’espletamento del loro servizio. Tale flessibilità aumenterebbe sostanzialmente l’orario settimanale di insegnamento. La proposta fonderebbe le radici normative sull’applicazione dell’art.21, comma 8, della legge 59/97, nota come Legge Bassanini sull’autonomia scolastica.
L’autonomia scolastica voluta dal Governo Prodi, nasce nel 1997 con la Legge Bassanini che all’art.21, comma 1, specifica che l’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di realizzazione della autonomia
e della riorganizzazione dell’intero sistema formativo.
L’autonomia organizzativa, ai sensi dell’art.21, comma 8 della Legge 59, è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell’unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione dell’attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di un’apposita programmazione plurisettimanale.
A prescindere dall’autonomia scolastica e dalla possibilità dei collegi docenti di intervenire sull’unità oraria o la flessibilità dell’orario scolastico, l’orario di servizio dei docenti e del personale ATA è materia di contrattazione collettiva nazionale. L’autonomia scolastica non consente, come avrebbero proposto alcuni dirigenti scolastici avanguardisti, il travaso ore di servizio della collegialità o di ore di servizio degli adempimenti individuali in ore di insegnamento in classe.
In buona sostanza non si può aumentare o variare l’orario di servizio dei docenti e del personale Ata senza che questo passi dal vaglio contrattuale e dal rinnovo del contratto 2019-2021.
Adesso che siamo arrivati alla fine dell’anno scolastico 2019/2020 e il contratto della scuola è ormai scaduto da 18 mesi, ci si aspetterebbe un avvio del tavolo del rinnovo del contratto. Per adesso non ci sono le condizioni minime per un accordo tra il Ministro Azzolina e i sindacati, le parti non si parlano e sono molto distanti tra loro. Improbabile, se non addirittura impossibile, che la proposta di un aumento dell’orario di insegnamento possa trovare applicazione per l’anno scolastico 2020/2021, come altrettanto improbabile che si possa continuare a svolgere la didattica a distanza con la strumentazione privata e con l’utilizzo delle utenze private dei docenti.
La mancanza totale di normali relazioni sindacali tra il Ministero dell’Istruzione e i sindacati rappresentativi, rappresenta un ulteriore ostacolo per trovare soluzioni adeguate al problema dell’avvio dell’anno scolastico 2020/2021 e qualsiasi ipotesi di regolamentare la didattica a distanza e rinnovare il contratto della scuola sembra naufragare per adesso.
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