I lettori ci scrivono

Più rispetto per i docenti di vecchia data

Ho letto le dichiarazioni del ministro che, inesorabilmente,con originalità, non è riuscito a evitare di affermare che i docenti, soprattutto quelli “datati”, non hanno ancora compreso che è necessario superare il concetto rigido di programma. Ora, a parte il rispetto che si dovrebbe a chi ha dedicato alla scuola energie, passione, professionalità, barcamenandosi tra scombinate, contradditorie, propagandistiche norme, circolari, leggi, burocrazie calate sugli insegnanti dai vari ministri di passaggio e dai vari tecnici, vorrei brevemente proporre alcune considerazioni.

Primo. Se tanto vale l’anagrafe per essere efficaci e in sintonia con i cambiamenti, risulta strano come questo non conti per i ministri, assolutamente al di fuori e al di sopra di limiti di età. Troppo scontato far riferimento a fatti recenti…

Secondo. I docenti di vecchia data (in scadenza come le mozzarelle), sono quelli che hanno tenuto in piedi e rinnovato dall’interno la scuola, sperimentando e lavorando in condizioni complesse, anticipando e aprendo la strada a riforme recepite a livello politico – ministeriale con diversi anni di ritardo.

Terzo. La scuola autoritaria, classista, nozionistica ereditata dai modelli precedenti, è stata superata e trasformata proprio dai docenti che, poverini, oggi fanno “fatica a capire”. Gli stessi docenti che hanno riplasmato il rapporto educativo approfondendo e valorizzando l’aspetto relazionale-emotivo, che hanno gestito rapporti con famiglie disorientate e che spesso hanno confuso la collaborazione con l’invadenza. Docenti che hanno saputo creare un rapporto fra scuola e territorio, hanno stimolato lo spirito critico e un pensiero divergente e analitico in un tempo di uniformità, appiattimento e conformismo. E potrei continuare ancora parecchio lasciando da parte, per carità,gli aspetti contrattuali e affini.

Quarto. Questi docenti che non capiscono,  perché troppo avanti con l’età, sono quelli che si sono confrontati con trasformazioni sociali profonde, rapide,con modelli imposti loro e che il più delle volte sono apparsi inefficaci e decontestualizzati, improvvisati manifesti degli staff succedutesi, sono quelli che hanno sopportato tagli inesorabili nel settore dell’istruzione, che hanno investito risorse proprie in mancanza di altre. E, non ultimo, hanno affrontato l’emergenza recente con una rapidissima capacità di adattamento e autoformazione. Ma, ormai, è troppo facile scaricare su qualcuno una politica scolastica carente e marginalizzante. Quindi che cosa c’è di più facile e scontato? Basta dire che la zavorra della scuola sono i vecchietti che insegnano ancora e fanno fatica a capire.

Ci piacerebbe tanto, ma credo sia speranza vana, ascoltare argomentazioni meno superficiali e, soprattutto rispettose nei confronti di chi ha dedicato la vita alla scuola.

Massimo Aloisi

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