Il dimensionamento delle istituzioni scolastiche fa tornare di grande attualità la questione delle piccole scuole e delle pluriclassi soprattutto della primaria. Dell’argomento parliamo con due ricercatrici dell’Indire, Laura Parigi e Giuseppina Mangione, che di recente hanno pubblicato due volumi dedicati all’argomento con gli esiti di una ricerca che svolgono da anni.
Con il calo demografico le pluriclassi si stanno diffondendo e non sono più un fenomeno esclusivo delle scuolette di montagna. Indire studia da anni i problemi delle piccole scuole, cosa state constatando in proposito?
La pluriclasse è effettivamente una realtà meno marginale di quanto non si sia comunemente portati ad immaginare.
Stando ai dati più recenti (a.s. 2020/21) sono quasi 26 mila gli studenti del primo ciclo che frequentano classi miste per età e in alcune regioni come Basilicata, Calabria, Piemonte e l’Umbria, le scuole con pluriclassi sono più di 20% del totale. Si tratta di classi che si trovano nelle aree geograficamente isolate, come le zone di montagna e le isole, ma anche nelle aree interne del paese, caratterizzate da fenomeni di spopolamento, dove mancano di opportunità lavorative e i servizi essenziali (assistenza sanitaria, mobilità, opportunità educative).
Il fenomeno è legato solo al calo demografico?
E’ difficile dare un dato preciso sull’andamento del fenomeno pluriclassi, perché il tema dell’istruzione multigrado e delle scuole rurali in Italia è stato a lungo un tema “invisibile”, poco considerato dai decisori politici e dalla ricerca educativa. Sicuramente sul numero delle pluriclassi incide il calo demografico che interessa tutto il paese, ma è determinante il progressivo abbandono delle aree interne. Per certi aspetti, la formazione di pluriclassi è un tentativo di “resistenza” dei territori attraverso la scuola, che in queste piccole comunità è spesso un presidio culturale e sociale: si spera che mantenendola aperta i cittadini più giovani e le famiglie siano più motivate a restare e a vivere in modo attivo e partecipato questi luoghi.
Tuttavia, vi sono alcune condizioni sfavorevoli alla formazione delle classi multigrado; per esempio, le istanze di razionalizzazione del sistema di istruzione, le indicazioni sul dimensionamento e una certa diffidenza da parte dei genitori che vedono la pluriclasse come una “scelta di ripiego” e temono che i loro figli “restino indietro” rispetto ai bambini e alle bambine che frequentano classi standard.
Se non abbiamo capito male leggendo il rapporto che avete scritto, la vostra ricerca nasce proprio da queste preoccupazioni.
Esattamente, si tratta di preoccupazioni che condizionano il lavoro di tanti docenti e dirigenti scolastici. Prima ancora di poter dire che l’istruzione multigrado è un modello pedagogico virtuoso, che può essere adottato anche nelle scuole “normali”, c’è stata la necessità di comprendere se la pluriclasse non costituisse una condizione di svantaggio per chi la frequenta.
Su questo versante, la letteratura scientifica degli ultimi 20 anni propende per un effetto nullo, cioè non si rilevano differenze significative in termini di risultati di apprendimento tra gli studenti che hanno frequentato le pluriclassi e quelli che hanno frequentato le classi standard. E’ prematuro dire che si tratti di esiti consistenti: sono ancora pochi, per esempio, gli studi di tipo sperimentale, mentre le ricerche condotte su grandi numeri, a partire dagli esiti su test standardizzati, non entrano nel merito della didattica che viene praticata nelle classi multigrado.
A livello internazionale ci sono ricerche su questo tema?
Ci sono esempi interessanti, come il modello Escuela Nueva, nato in Colombia negli anni ‘70 e successivamente adottato anche da altri paesi dell’America Latina: si tratta di un modello pedagogico centrato sull’apprendimento cooperativo, la differenziazione didattica, che richiama alcune tecniche della pedagogia cooperativa di Celestin Freinet (piano di lavoro, schedario, consiglio degli studenti). Nel caso di Escuela Nueva, studi ripetuti in diversi contesti e nell’arco di svariati decenni confermano ricadute significative nella compensazione dello svantaggio educativo e, più in generale, sui risultati di apprendimento: gli studenti colombiani che frequentano queste scuole, per esempio, hanno ottimi risultati in matematica. C’è da dire però che il modello prevede una formazione e un accompagnamento continuo degli insegnanti, che invece manca in Italia e in molti altri paesi.
Nella vostra ricerca avete raccolto dati sulle modalità con cui i docenti organizzano le classi e la didattica?
Secondo l’indagine condotta da INDIRE su un campione di 124 insegnanti, i docenti più esperti realizzano una sorta di classe a “geometria variabile” alternando gruppi di bisogno, peer tutoring, apprendimento cooperativo e sperimentando modelli di curricolo che consentono di lavorare con tutta la classe differenziando obiettivi e attività (curricolo a spirale, parallelo etc.). Questi docenti hanno sviluppato una grande competenza imparando sul campo e la loro “saggezza pratica” è una miniera d’oro per la formazione dei docenti meno esperti. Gli insegnanti che hanno trascorso in pluriclasse meno di cinque anni tendono a gestire gruppi separati in base all’età, alternando momenti di apprendimento guidato (lezioni frontali e laboratori) e di apprendimento autonomo. È un tipo di didattica molto faticosa e infatti i dirigenti scolastici denunciano un turnover altissimo nelle pluriclassi, che incide sugli esiti.
Nelle pluriclassi gli alunni più grandi vengono spesso coinvolti come “tutor” dei più piccoli: pensate che questo modello possa essere esteso anche a classi “normali”?
Il tutoraggio tra pari è una delle modalità che si possono utilizzare a partire dalla presenza di alunni di età diverse: sappiamo dalla letteratura che è particolarmente efficace, in particolare quando c’è uno scarto di età significativo tra gli studenti (due/tre anni). La scelta del tutoring si presta in particolare per le pluriclassi non contigue (prima-quinta; seconda-quarta). I docenti, ad esempio, possono organizzare minigrade classes per azioni di potenziamento e recupero, scegliendo un tutor tra i bambini più grandi in supporto dei bambini più piccoli organizzati in gruppi eterogenei (peer – cross age – tutoring). Per le classi contigue, ad esempio prima-seconda, si possono prevedere soluzioni diverse, ad esempio la formazione di gruppi cooperativi, progettazioni comuni con obiettivi differenziati.