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Plusdotati, “no a salti di classe”

L’agenzia Dire riporta le riflessioni e i consigli della esperta in neuropsichiatria infantile:  “I minori plusdotati sono dei bambini come tutti gli altri e il primo diritto è fargli vivere la propria infanzia. Tuteliamo il loro sviluppo emotivo”, così l’esperta rivolgendosi ai genitori dei piccoli che frequentano l’asilo o la scuola materna.

E poi aggiunge: “Tutti diranno che il vostro bambino si trova meglio con soggetti più grandi di lui, che fa domande superiori a quello che ci si attende. È vero e merita sempre una risposta semplice e comprensibile, ma deve restare con i suoi coetanei. Un piccolo di due anni e mezzo, anche se presenta potenzialità cognitive superiori alla media, non possiede ancora una teoria della mente. Dobbiamo quindi tutelare il suo sviluppo tenendolo fra i suoi coetanei, stimolandolo e sostenendo le sue potenzialità”.

Vanadia dice no ai cambi di classe e spinge per nidi “sempre più definiti per fasce di età: 0-1 anno, 1, 2, 3 anni. La materna ha già un suo percorso definito”.

Questo perché “l’attività di un bambino di 18 mesi non può essere la stessa di un bambino di 30 mesi, altrimenti si crea una destabilizzazione”.

 “Nidi e materne sono epoche in cui è già possibile individuare i fattori che ci fanno pensare a una mente più rapida, brillante e creativa in alcuni ambiti”.

In queste fasi della vita è possibile reperire “informazioni importanti sul temperamento- continua la neuropsichiatra- che poi determina gli stili, i legami e gli attaccamenti particolari alle figure genitoriali e ai coetanei”. Sebbene “non esistano test specifici per quest’età, possiamo già individuare un bambino potenzialmente plusdotato. L’importante è ricordare che non è detto che abbia la struttura emotiva per sostenere questo potenziale cognitivo”.

Per Vanadia “è necessario lasciar percorrere al bambino le tappe evolutive senza precorrerlo. Un piccolo di 18 o 22 mesi deve stare in asilo con i minori della sua età e fare attività idonee per la sua età. È un bambino che dobbiamo tutelare in termini di sviluppo emotivo, garantirgli ambienti e modalità di stimolo e accudimento che sono prima di tutto di gioco”.

 “Non possiamo fare a meno di sostenere anche le famiglie- prosegue il medico- perché spesso i genitori si trovano in difficoltà di fronte a un bambino che precorre i tempi, non possiedono tutte le risposte”.

Il bambino plusdotato “può mettere alla prova l’adulto che ha di fronte, il genitore deve essere ben saldo nelle sue posizioni- sottolinea il medico- e se gli dà contenimento lo aiuta. Se gli consente di sbagliare, essendo poi pronto a sostenerlo nel recupero, sostiene la sua plusdotazione- conclude Vanadia- perché gli sta garantendo uno sviluppo emotivo che gli permetterà di mettere fuori tutte le sue potenzialità”.

Pasquale Almirante

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