Essere plusdotati è per lo più quasi un malessere per i ragazzi che ne beneficiano. Con giftedness, o appunto plusdotazione, si fa riferimento a un insieme di caratteristiche di alcuni bambini che “se confrontati con i loro coetanei, mostrano o hanno il potenziale per mostrare livelli eccezionali di performance in una o più delle seguenti aree: abilità intellettiva generale, specifica attitudine scolastica, pensiero creativo, attitudine alla leadership, arti visive e dello spettacolo”, come precisa la “National Association for Gifted Children”.
Nel complesso questi bambini con eccezionali doti intellettive costituirebbero circa il 2% della popolazione scolastica, così come viene definito in un agevole volume della Erickson di Lara Milan (specialista in Gifted and Talented Education, formatrice di docenti su modelli e strategie didattiche nell’implementazione di approcci educativi in classe, nonché nella redazione di PDP per alunni plusdotati e studenti doppiamente eccezionali. Fondatrice di SEM Italy, centro accreditato presso i principali enti internazionali di Gifted and Talented Education), “Plusdotazione e talento. Scuola secondaria di primo grado. Cosa fare e no. Guida rapida per insegnanti”, 16,50 € .
Il libro, consigliato anche ai genitori che talvolta percepiscono ciò che a tenti insegnanti sfugge, l’autrice offre un’analisi dei bisogni che si riscontrano nei ragazzi plusdotati della scuola secondaria di primo grado – ma che possono essere osservati anche negli alunni della primaria e della secondaria di secondo grado (e oltre).
15 capitoli, ben strutturati e segnalati con gli evidenziatori tipici dei diari, espongono i comportamenti tipici di questi ragazzi, come la noia, il muoversi continuamente, interrompere le lezioni, fa fatica a inserirsi, sovreccitabilità ecc. e che rispondono alle domande: “Perché fa così?”, a cui seguono indicazioni per l’insegnante sugli atteggiamenti e le strategie da adottare e da evitare mentre fornisce strumenti su come intervenire su alcuni aspetti cruciali.
Tuttavia la questione fondamentale che l’autrice pone è la seguente: la scuola ha il dovere di osservare tutti gli studenti attraverso la lente del potenziale, individuandone i punti di forza e di interesse per costruire proposte educative personalizzate, e di adottare un approccio inclusivo che permetta di sviluppare le potenzialità, manifeste o nascoste, di tutti gli studenti, compresi i più dotati.
È fondamentale, infatti, che gli studenti gifted vengano riconosciuti e valorizzati il più precocemente possibile, per evitare che vivano la loro unicità con una connotazione negativa che potrebbe condurli a isolarsi dagli altri, o che la noia che spesso lamentano possa portarli al sotto-rendimento e all’abbandono scolastico.
L’autrice spiega pure che un bambino gifted si può riconoscere già dai 3 anni, anche se è soprattutto dai 5 anni in poi che le sue caratteristiche particolari diventano evidenti.
Tra i segnali:
curiosità notevole
sensibilità emotiva
sono veloci nella comprensione e nella produzione
sono ‘intensi’ da vivere per tutti gli adulti che interagiscono con loro
a volte hanno interessi poco comuni
a scuola finiscono gli esercizi prima e a volte si annoiano
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