Qualche giorno fa abbiamo discusso in merito ai soldi del Pnrr effettivamente spesi per migliorare la scuola italiana che sarebbero meno di quelli programmati. Alcuni docenti, con una lettera pubblicata su La Repubblica, hanno detto la loro sugli obiettivi del Pnrr relativi alla scuola.
Si tratta di 105 docenti di istituti scolastici di ventitré città italiane, che si sono appena incontrati a Torino. Ecco le loro parole: “Una valanga di soldi è arrivata alle scuole negli ultimi anni. Cifre enormi, che non sono mai state disponibili per ridurre il numero degli alunni nelle classi, aumentare gli stipendi dei docenti tra i più bassi d’Europa, stabilizzare i precari, rendere sani e sicuri gli edifici. Un calcolo approssimativo ci dice che ad oggi, solo per il Pnrr, un solo istituto comprensivo può aver ricevuto più di 500.000 euro. Sommati ai vari Pon e alle tranche di Pnrr ancora in arrivo si può superare il milione per istituzione scolastica.
Si è formato un grande mercato di agenzie, formatori, strumenti tecnologici, esperti esterni. Con quale risultato? Chi è legato alla didattica, al rapporto formativo ed educativo con la classe, a un curricolo organico da portare avanti con coerenza, non può che constatare come questo enorme mercato abbia portato con sé una frammentazione dell’insegnamento e una burocratizzazione sempre più pervasiva. Ciò finisce per alimentare una formazione a spot, a finestre decontestualizzate, a un rapporto con la cultura fatto di micro-competenze sprovviste di un quadro d’insieme.
Il docente che ama il proprio lavoro, la disciplina che insegna, che vuole svilupparla nel rapporto con gli alunni, si trova sempre più intralciato, ingessato da meccanismi burocratici assurdi, sostituito da esperti esterni, con la classe che viene divisa, smembrata. Quelli che fino a pochi anni fa erano progetti complementari a un percorso didattico strutturato e uguale per tutti, gestiti in modo semplice, sono diventati un vero e proprio tumore che tende ad allargarsi e a devastare la scuola, la professione insegnante, la comunità scolastica. Il tempo per insegnare viene a mancare e, così, si rimette in discussione il saper leggere e scrivere, la conoscenza della Storia, della Geografia, delle basi scientifiche, delle arti.
Assistiamo sempre più spesso a un’istituzione che seleziona gruppi, fa attività per pochi, differenzia. La pretesa di mettere al centro ‘la persona’, ‘l’individuo’ si sta rivelando per ciò che nascondeva: una scuola che instrada i ragazzi sulla base delle promesse e delle esigenze di un mercato del lavoro che nel giro di qualche mese può cambiare e tradire ogni aspettativa. È il significato stesso di scuola che viene rovesciato da luogo che, nella prospettiva dell’articolo 3 della Costituzione, dovrebbe dare a tutte e a tutti le basi dell’emancipazione, sta diventando una scuola che nega gli strumenti per raggiungerla. La parola ‘insegnante’ non appare più nei progetti Pnrr, sostituita da ‘esperto’, ‘tutor’, ‘organizzatore’”.
La “Conferenza nazionale per la riconquista di una scuola che istruisce”, questo il nome che si è dato il gruppo, si rivolge a tutte le forze politiche, sindacali, di difesa della scuola pubblica: “Questo modello di non-scuola va fermato, è urgente rimettere al centro un’istruzione fondata sulle discipline, sull’organicità della progressione didattica, sul rapporto stabile tra docenti e allievi nella classe, sulla libertà d’insegnamento su programmi uguali per tutti”.
“Lo avevamo detto in tempo utile: le scelte, del governo Draghi prima e di quello Meloni poi, del Pnrr per la scuola, per l’università e la ricerca erano e sono prevalentemente destinate a ciò che all’istruzione non serve; mentre manca tutto ciò che serve davvero. D’altra parte, se chi vive la scuola non è stato coinvolto se si è lasciata mano libera a tecnocrati e affaristi, il risultato era già scritto. Hanno ragione questi insegnanti: il progettificio competitivo non ha nulla a che fare con la funzione educativa e formativa della scuola pubblica. Il Pnrr è una gigantesca occasione sprecata per il mondo della scuola del nostro Paese, e che docenti, studenti e famiglie non si meritano proprio”, questo il commento del responsabile scuola di Sinistra Italiana Giuseppe Buondonno.
I dirigenti scolastici, i loro staff, i docenti e il personale tecnico e amministrativo sono chiamati a progettare e realizzare in ogni singola scuola gli interventi connessi al D.M. 66/2023. Il digitale è punto di partenza per rinnovare alla radice approcci didattici, processi organizzativi, percorsi valutativi, modalità di interazione con il territorio. Per questo motivo la scuola è chiamata a realizzare una vera rigenerazione della comunità scolastica offrendo un’adeguata azione formativa.
Per affiancare le scuole nell’ambito del programma di formazione per la Transizione digitale, La Tecnica della Scuola in collaborazione con Casco Learning propone una serie di percorsi formativi sui temi previsti dal D.M. 66/2023.
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