Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che porta alla scuola italiana 17,59 miliardi di euro in più fette, sulla base del raggiungimento dei traguardi raggiunti, ha dato il via al percorso di riforma della scuola.
Il piano delle 6 riforme, fortemente voluto dal ministro dell’Istruzione è in dirittura d’arrivo su molti fronti. Quali tempistiche? In conformità alle linee guida della Commissione Europea e al Regolamento UE n. 241/2021 tutte le riforme dovrebbero essere adottate entro dicembre 2022. Facciamo il punto.
Di quali riforme parliamo?
- La riorganizzazione del sistema scolastico (riforma del dimensionamento, che giocherà sulla caduta demografica per la riduzione del numero di alunni per classe),
- la formazione del personale,
- le procedure di reclutamento,
- il sistema di orientamento,
- il riordino degli istituti tecnici e professionali,
- il riforma degli Istituti Tecnici Superiori (ITS).
La riforma del reclutamento
La più corposa e anche la più densa di polemiche è la riforma del reclutamento e della formazione docenti, che, come abbiamo spiegato in numerosi articoli, è disciplinata dal decreto 36 convertito in legge 79/2022. Sebbene siano stati pubblicati alcuni decreti attuativi, siamo ancora in attesa del Dpcm di luglio che avrebbe dovuto chiudere tutta una serie di questioni in sospeso, prima fra tutte quella relativa alla definizione esatta dei crediti formativi che costituiranno il percorso abilitante. Perché la polemica? Perché il percorso per portare in cattedra i docenti è considerato estremamente lungo e farraginoso. Ricordiamo che si parla di 1) un percorso di studio da 60 crediti, seguito da una prova finale comprendente una prova scritta (analisi critica relativa al tirocinio scolastico effettuato durante il percorso) e una lezione simulata; 2) Un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale, con quesiti a risposta aperta; 3) un periodo di prova in servizio di durata annuale con test finale e valutazione conclusiva. Senza contare la criticità legata ai docenti precari che non vengono stabilizzati a fronte dei loro anni di docenza alle spalle, ma vedono considerato, a loro vantaggio. solo un “sconto” in termini di crediti formativi, per l’accesso al concorso.
La riforma della formazione docenti
Quanto alla formazione docenti, il ministro Bianchi ha predisposto un sistema di formazione incentivata e incentivante che dà diritto a degli scatti stipendiali una tantum (dopo tre anni di formazione) e definitivi (dopo tre cicli formativi da tre anni ciascuno), il tutto condito da criteri di continuità didattica ovvero dalla garanzia che i docenti restino sulla sede assegnata. Il cosiddetto docente esperto (introdotto dal DL Aiuti bis) lascia il posto al docente stabilmente incentivato, ma è solo una questione di definizione: nei fatti il meccanismo che lega la remunerazione alla formazione resta, sebbene Fratelli d’Italia abbia già fatto sapere che – sin da prima della vittoria elettorale – che la norma sarà ampiamente rivista o addirittura abrogata.
Gli Its
La più amata dal ministro Bianchi? La riforma degli Its, già definitivamente approvata alle Camere. Da oggi gli Istituti Tecnologici Superiori – ITS Academy – trovano un quadro normativo stabile di riferimento, potendo contare su 1,5 miliardi di euro attivati dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. La riforma dovrà entrare definitivamente a sistema entro il 2025.
La riforma degli istituti tecnici e professionali
Si tratta di una riforma che era attesa per fine anno ma che il ministro ha deciso di anticipare. Innovazione, rete con i territori, potenziamento dell’attività laboratoriale. Queste le principali caratteristiche della riforma che in questi giorni ha ricevuto l’ok del Consiglio dei ministri.
La riforma dell’orientamento
Ad avere appena iniziato il suo corso è la riforma dell’orientamento, legata alla lotta alla dispersione scolastica, che ha da subito fatto discutere per la ripartizione delle risorse alle scuole, ritenuta iniqua. Il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi solo qualche settimana fa ha scritto ai dirigenti scolastici degli Istituti beneficiari dei primi 500 milioni stanziati nell’ambito del Piano di riduzione dei divari territoriali e del contrasto della dispersione scolastica, previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La lettera del Ministro accompagna gli “Orientamenti per l’attuazione degli interventi nelle scuole”, un documento pensato per guidare le scuole nell’utilizzo strategico delle risorse a disposizione.
Cosa potrebbe cambiare con il prossimo Governo?
Come abbiamo accennato, potrebbe venire snellita la procedura di reclutamento, specie in relazione ai docenti precari; e potrebbe essere rimessa in discussione la partita sulla formazione (legata agli stipendi e alla carriera degli insegnanti). Sugli Its c’è invece grande accordo tra le parti politiche. Stiamo a vedere cosa accadrà sul dimensionamento. Se i tagli alla scuola dovessero avere la meglio è probabile che anche il nuovo esecutivo punti sul crollo demografico.
Gli obiettivi attesi di ogni riforma
- Riforma della formazione docenti: con questa riforma si intendono formare 1 milione di persone, tra docenti, dirigenti e Ata, entro il 2025. La riforma conta sull’istituzione di una Scuola di Alta formazione e formazione continua per dirigenti scolastici, insegnanti e personale ATA. Saranno coinvolti Indire, Invalsi e Università italiane e straniere, al fine di garantire un sistema di formazione continua di qualità, in linea con gli standard europei. L’obiettivo è fornire una formazione pedagogica e didattica che, insieme a una conoscenza approfondita della materia, consenta di affrontare efficacemente la sfida della trasmissione di competenze metodologiche, digitali e culturali nell’ambito di una didattica di alta qualità. Si tratta dell’unica riforma con un budget pari a 34 milioni di euro, precisa il MI.
- Riforma del reclutamento: attraverso il nuovo sistema si intendono assumere 70.000 docenti entro il 2024. L’obiettivo è determinare un significativo miglioramento della qualità dei percorsi educativi, per offrire a studentesse e studenti sempre migliori livelli di conoscenze, capacità interpersonali e metodologico-applicative, nonché coprire con regolarità e stabilità le cattedre disponibili con insegnanti di ruolo.
- Riforma degli Its: la riforma mira ad aumentare il numero degli istituti e degli iscritti, al fine di colmare il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Gli ITS, grazie anche a partnership con imprese, università, centri di ricerca ed Enti Locali, potranno offrire così corsi terziari job-oriented sempre più avanzati per la formazione di tecnici che gestiscono sistemi e processi ad alta complessità in sei aree: efficienza energetica; mobilità sostenibile; nuove tecnologie della vita; nuove tecnologie per il Made in Italy; tecnologie innovative per il patrimonio culturale e attività connesse; tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
- Riforma del dimensionamento: la riforma intende intervenire su due aspetti strategici, il numero delle studentesse e degli studenti per classe e il dimensionamento della rete scolastica, in vista della denatalità, con effetti attesi sulla qualità degli apprendimenti.
- Riforma dell’orientamento e scuole quadriennali: già entro il 2022 la riforma avrebbe dovuto introdurre moduli di orientamento nelle scuole secondarie di I e II grado (non meno di 30 ore per le studentesse e gli studenti del IV e V anno). A questo fine è attesa una piattaforma digitale di orientamento relativa all’offerta formativa terziaria degli Atenei e degli ITS per mettere in sinergia il sistema di istruzione, quello universitario e il mondo del lavoro e contrastare la dispersione scolastica e la crescita dei neet. Nella riforma è previsto anche l’ampliamento della sperimentazione dei licei e tecnici quadriennali, con ulteriori 1.000 classi in altrettante scuole (in aggiunta rispetto alle 100 attuali).
- Riforma degli istituti tecnici e professionali: si intende allineare i curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese, in particolare verso l’output di innovazione del piano nazionale Industria 4.0 e verso quell’innovazione digitale che accrescerà l’occupabilità degli studenti.