Scuola digitale post Covid, una trasformazione ancora in atto che ha nel PNRR e nel Piano Scuola 4.0 una ulteriore opportunità di accelerazione. Ma attenzione anche agli effetti negativi del digitale sui ragazzi.
Il PNRR prevede tra le altre cose una soglia di accesso all’insegnamento con laurea disciplinare e con 60 crediti formativi universitari rispetto ai 24 attuali. Sulla carta quindi si prevede di avere insegnanti più preparati in ingresso ma anche più formati in itinere. Sempre nel PNRR sono previsti infatti, percorsi di formazione continua triennali definiti dalla Scuola di Alta formazione per dirigenti, docenti e personale Ata, ancora da istituire. Nella formazione dovranno essere privilegiate le metodologie didattiche attive e laboratoriali, le competenze linguistiche e quelle digitali, oltre che le discipline scientifiche, tecnologiche ed economiche. Il PNRR deve essere visto e considerato come ulteriore mezzo per arrivare alla trasformazione digitale nelle scuole alla pari del piano scuola 4.0 presentato ad agosto 2022 da Patrizio Bianchi.
Il piano prevede la trasformazione di oltre 350 mila aule delle 40 mila scuole in “connected learning environment” (ambienti per l’apprendimento connessi). Parliamo di un ingente investimento di oltre 2,5 miliardi che se attuato correttamente sarà destinato a cambiare radicalmente gli spazi dell’apprendimento nelle scuole italiane. Le attuali aule diventeranno ambienti a geometria variabile, in grado di “riconfigurarsi” dinamicamente in base al tipo di lezione e/o attività da svolgere in quel momento.
Oltre agli spazi il piano prevede la fornitura di strumenti multimediali per ambienti virtuali di apprendimento, stampanti 3d, visori per la realtà aumentata, tavolette grafiche e software per il coding.
Un piano integrato, quello della Scuola 4.0 con i fondi del PNRR che speriamo e auspichiamo venga portato avanti con ulteriore vigore anche dall’attuale Governo, senza perdere di vista gli impatti sui ragazzi dell’uso eccessivo degli smartphone. Una recente circolare del MIM (fonte Agenda digitale) ha suscitato polemiche e sembra andare nella direzione opposta perché di fatto proibisce l’uso improprio dello smartphone in classe. Sembra andare nella direzione opposta ma in realtà se codificato correttamente il termine “improprio” ne potrebbe consentire l’utilizzo purchè in maniera ragionevole e utile alla didattica stessa.
Tanto è che lo stesso Ministro Valditara ha affermato in una recente intervista “l’utilizzo di tali dispositivi in classe, quali strumenti compensativi … per finalità inclusive, didattiche e formative” anche nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della “cittadinanza digitale” di cui all’art. 5 L. 25 agosto 2019, n. 92.
È importante non abbassare la guardia su quelli che sono eventuali effetti indesiderati senza scendere in catastrofismi come è successo su alcuni passaggi dell’Indagine conoscitiva della 7ª Commissione Permanente del Senato della Repubblica sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento.
Nel documento si parla di danni fisici, obesità, ipertensione, diabete e danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, insonnia, diminuzione dell’empatia e fin qui se consideriamo un uso eccessivo del cellulare e dei social questi effetti sono purtroppo noti e in numero crescente su molti adolescenti.
La Commissione che si è occupata di redigere questa offerta parla, inoltre, di “danni cognitivi del digitale”, con “perdita progressiva di facoltà mentali essenziali” come la memoria, la capacità dialettica e lo spirito critico.
Infine, la relazione parla di “decerebrazione” delle nuove generazioni destinata a connotare la classe dirigente di domani.
In definitiva, possiamo ritenere che, come per ogni cambiamento della società, ci vuole equilibrio e una corretta analisi di tutti gli aspetti che contornano la digitalizzazione dei processi senza però doverla additare come pericolosa e doverne frenare la spinta.
PNRR e Scuola 4.0 rappresentano una occasione irripetibile per poter riformare e rendere competitiva la scuola e più vicina agli stili di apprendimento dei nativi digitali.
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