I piani di investimento previsti per la ripartenza afferenti all’evo post-pandemico di fatto alleviano, anche se non di molto, il terribile clima economico che gli insegnanti e il personale respirano da decenni: contratti non in linea con il potere d’acquisto, limitate riforme, formazione continua limitata e stipendi minimi. A ciò si aggiungono programmi e metodologie di somministrazione della didattica obsolete e limitatissimo, se non assente, utilizzo del digitale nell’allestimento di lezioni e percorsi formativi. Il PNRR può essere considerato un deterrente nei confronti dei tagli continui (non ultimo la riduzione del rapporto spesa / PIL di mezzo punto percentuale) al mondo della scuola? Al momento, dati i limitati margini di spesa dei fondi effettivamente erogati a livello comunitario e disponibili, non è possibile dare una risposta. Occorre valutare i risultati concreti in seno al rinnovo della didattica, delle strutture in cui docenti e studenti convivono decine di ore a settimana, delle garanzie contrattuali e degli stipendi, che restano i più bassi d’Europa e minimi rispetto ad altre categorie di impiegati pubblici. I traguardi di spesa, attraverso una pianificazione meticolosa dei margini di impiego del PNRR, riguardano in primis il rilancio degli ITS e l’allestimento di una formazione sempre più propedeutica all’ingresso nel mondo del lavoro.
Si torna in classe anche quando ci si trova dall’altra parte della cattedra, secondo un’ottica di formazione sempre più continua, innovativa e digitale che permette ai docenti di stare – e restare – al passo con le istanze tecnologiche delle nuove generazioni, sempre più dinamiche ed alle prese con stimolanti attività digitali. Numerose le riforme a tal proposito, indirizzate a case editrici (indicazioni del 28 settembre 2013), con la creazione di contenuti ed estensioni digitali. Altre sono state attuate , in parte, con il Dl 73/2021, che ha aperto la strada, anche nella scuola, ai concorsi semplificati “Brunetta” e praticamente soppressi dopo le polemiche sulle prove a risposta chiusa, con il Dl 36 è previsto il ritorno alla prova «strutturata fino al 31 dicembre 2024 e con più quesiti a risposta aperta a far data dal 1° gennaio 2025. Altra questione spinosa riguarda il discusso DL 36, che passerà in Senato per la fattiva revisione e discussione. Questo prevede l’acquisizione fattivamente obbligata dei CFU per l’abilitazione all’insegnamento solo in sede accademica (percorso di laurea triennale o magistrale): in pratica chi vorrà insegnare dovrà deciderlo all’università. L’abilitazione durerà per sempre ma non darà diritto alla cattedra, conducendo il futuro lavoratore della scuola a fare passi presso un percorso obbligato. Il PNRR dovrebbe dare anche un segnale politico relativo all’aggiornamento di tali misure.
Il PNRR, attraverso all’allestimento di progetti dedicati, sta mirando a combattere attivamente vari fenomeni che attanagliano il mondo della scuola e che rendono il Belpaese la pecora nera delle statistiche della formazione a livello comunitario: dispersione scolastica, programmi ministeriali scarsamente funzionali ed un numero di giovani inattivi a livello lavorativo o formativo esorbitante. Il tentativo del PNRR è investire una quota ingente per la revisione del Dl 36 per l’allestimento di programmi di maggiore qualità che possano agevolare l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, con scadenze stringenti: entro il 30 giugno andrebbero revisionati e discussi i contenuti di suddetto decreto secondo gli obiettivi più realistici e prossimi del PNRR. Il pacchetto scuola, oltre alle misure già menzionate, prevede un concreto allineamento dei curricula erogati presso la Scuola Secondaria di II Grado con le necessità del mercato del lavoro, in fase di continuo aggiornamento, così come da aggiornare sono le competenze pratiche e didattiche dei docenti del futuro.
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