Il DM n.63 del 5 aprile 2023 attribuisce 150 milioni di euro alle istituzioni scolastiche statali di secondo grado, per la valorizzazione di docenti tutor e orientatori. È l’ennesimo provvedimento per dividere la categoria e completare la ristrutturazione aziendalistica della scuola pubblica. Alle devastanti controriforme dei governi di centrosinistra – autonomia finanziaria – e di centrodestra – tagli di orario, classi, laboratori, di organico – il mondo della scuola pubblica ha resistito respingendo aziendalizzazione e mercificazione del sapere e dimostrando una virtuosa miscela di resistenza e resilienza. La crisi pandemica, che ha avuto un impatto sociale più virulento di quello sanitario, ha consentito ai governi che si sono succeduti (Conte II, Draghi e ora Meloni) di introdurre metodologie e strumenti digitali che finora avevano solo intaccato la superficie del sistema pedagogico-didattico: la didattica a distanza, poi didattica integrata, ha fatto evidenziato le differenze economico-sociali di alunn* e famiglie, aggravando diseguaglianze già profonde; vi è stata inoltre una forte opposizione alla didattica digitale di una parte del corpo docente, per motivazioni didattico-pedagogiche.
Il processo di digitalizzazione della scuola va avanti da anni a livello europeo: gran parte degli investimenti sulla scuola delle ultime Leggi di Bilancio e delle risorse del PNRR sono destinate a potenziare la didattica digitale, rafforzando il sistema delle competenze. Anche la personalizzazione dell’insegnamento, più che valorizzare le caratteristiche di ogni alunno e alunna, produrrà una sorta di offerta di insegnamento “a domanda” (e il Piano dell’Offerta Formativa esprime l’impianto mercantilistico), in un’ottica di “mercato delle conoscenze e delle competenze”. La riforma dell’orientamento trasformerà il sistema dell’istruzione e della formazione scolastica, considerato “rigido e obsoleto”, in un sistema “flessibile e moderno”, adattabile alle esigenze del ‘mercato del lavoro’ e delle aziende, invece che finalizzato alla consapevolezza dei propri diritti e doveri di cittadini e cittadine.
L’impianto del Next Generation EU e i fondi per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza impongono profonde riforme, tra cui la formazione, che il Trattato di Lisbona del 2000 e altre Comunicazioni individuavano i punti dell’istruzione e della formazione europea su: qualità, inclusione, transizione verde e digitale, aggiornamento e formazione dei docenti, istruzione superiore, comprensione del quadro geopolitico (2020). Con il DM n.328 del 22 dicembre 2022, sono state adottate le Linee guida per l’orientamento, come richiesto dal PNRR sulla base degli obiettivi europei, in cui risaltano “la riforma dell’istruzione tecnico-professionale connessa al sistema di formazione professionale terziaria (ITS Academy), la valorizzazione delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche, matematiche (STEM), delle competenze digitali”. Perciò, l’istruzione secondaria deve ristrutturarsi per rafforzare le “competenze di base e di quelle trasversali” e i “livelli di apprendimento in ambito lavorativo e la costituzione di sistemi di istruzione e formazione professionale di eccellenza; la permeabilità delle qualifiche e il riconoscimento delle competenze acquisite al di fuori dei percorsi dell’istruzione e formazione professionale; un crescente utilizzo delle tecnologie digitali; (…) una più stretta integrazione fra l’istruzione, la formazione professionale, l’istruzione superiore, l’università e le imprese”. L’integrazione tra sistema pubblico di formazione culturale e professionale e interessi aziendalistici privati è più che evidente.
La riforma dell’orientamento, centrata sulla figura del tutor e del docente orientatore, porterà alla perdita di ruolo dei docenti disciplinari e alla disgregazione dei gruppi classe, con la destrutturazione del processo didattico-educativo spostando la centralità dai docenti curricolari al docente-tutor: non saranno più la formazione culturale e la consapevolezza critica a determinare la scelta del percorso post-scolastico, ma le competenze di “apprendimenti personalizzati, evidenziati dalla compilazione, in forma sintetica e nel dialogo con ogni studente, di un portfolio digitale (E-Portfolio)” con cui “valorizzare le competenze acquisite, (…) delle relazioni con la cultura, il sociale, gli altri e il mondo esterno, a partire dal mondo del lavoro e del terzo settore.” Peraltro, la qualità delle indicazioni che potranno fornire tali figure rispetto a docenti del Consiglio di Classe è discutibile, visto il numero di studenti da seguire (da 30 a 50): il rischio più concreto è che si introducano nuove divisioni della categoria e una gerarchizzazione dei docenti. È una riforma che dovrà essere discussa a fondo, nei Collegi Docenti e nelle assemblee sindacali, per impedire che diventi l’ennesimo attacco al diritto allo studio.
Giovanni Bruno RSU Cobas Scuola Pisa
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