Attualità

Pnrr, flop di domande per asili nido. Responsabilità del ministro Bianchi o degli enti locali?

Il ministero dell’Istruzione spinge sui propri canali social il bando per la realizzazione degli asili nido con i fondi del Pnrr, poiché teme che anche dopo la proroga al 31 marzo 2022 buona parte di questi fondi restino non richiesti, il che sarebbe una criticità di non poco conto per il MI. Ricordiamo che su 2.4 miliardi di euro disposizione del bando, le richieste non hanno superato la cifra di 1.2 miliardi, con una carenza di domande segnalata soprattutto nel Mezzogiorno. Insomma la questione sta diventando una patata bollente per l’amministrazione centrale, che si giustifica chiamando in causa la responsabilità degli enti locali.

Il Tweet del ministero

Peraltro il 22 marzo, in audizione al Senato, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, a chi chiedeva di mettere gli enti locali in condizione di partecipare al bando, rispondeva: “Io posso mettere risorse e imporre vincoli ma non posso sostituirmi alle decisioni dei comuni. Gli incentivi e il supporto tecnico trovano il limite nell’autonomia degli enti locali. Le diverse autonomie alle volte si incontrano e si scontrano, è un tema generale dello Stato”.

Quali ragioni del flop di domande?

Quali ragioni della criticità? Il ministro ipotizza che possa essere un problema legato a un minore interesse al Sud nei confronti del servizio dei nidi derivante dalle difficoltà incontrate dalle donne a entrare nel mondo del lavoro. Insomma, nei territori con un alto tasso di disoccupazione femminile i nuovi nati resterebbero con le mamme e con i nonni e dunque i Comuni non avrebbero la necessaria spinta dal basso per aderire al bando. Ma la spiegazione non convince del tutto, anche perché – fa notare un senatore – anche la città di Milano ha visto una partecipazione al bando estremamente bassa, mentre altri onorevoli in aula hanno contestato al ministro un eccesso di burocrazia, specie in relazione alla disciplina sull’anti sismicità degli edifici, che legherebbe le mani a molti sindaci, rendendo loro difficile provvedere alla messa in regola rispetto ai requisiti del bando anche nel tempo concesso dalla proroga. Mancanza di interesse o eccesso di burocrazia?

Resta il fatto che le differenze tra le varie regioni del Paese continuano a essere rilevanti. “Abbiamo una parte del Paese dove siamo lontanissimi dall’obiettivo del 33% di posti disponibili – spiega il ministro Bianchi – a dispetto delle notevoli risorse in questo capitolo, inclusi i 900 milioni di euro per la gestione dei nidi”.

Ripensare l’intero sistema scolastico

Sempre al Senato, a conclusione del suo intervento il ministro ha replicato ai senatori con un ampio discorso sulla necessità di rivedere il sistema scolastico nel suo insieme.

“L’ampiezza e la varietà delle questioni poste mette in evidenza non solo la dimensione delle problematiche scolastiche, ma mette in luce anche l’esigenza di dovere fare una riflessione complessiva sul sistema. Io rifiuto la facile tentazione di segmentare i problemi uno alla volta: l’edilizia, gli insegnanti, i precari, la primaria, la secondaria… Io sono arrivato al punto che dobbiamo fare una riflessione generale sulla scuola. Innanzitutto la scuola è scuola dell’obbligo. La scuola dell’infanzia deve essere considerata un pezzo organico della scuola, come gli Its costituiscono un pezzo del sistema scolastico che ci permette di rispondere a molte esigenze. Lo sforzo di un ripensamento complessivo del sistema educativo italiano è ormai necessario, avendo un perno, che è l’11-14, la parte del sistema che è più schiacciato”.

“Il tema fondante di oggi – continua il ministro – è: il sistema educativo oggi è frammentato e vede responsabilità diverse, in cui gli edifici sono di proprietà delle province, il personale è a carico dello Stato ma con una varietà di situazioni, le regioni sono protagoniste della programmazione della presenza di scuole nel territorio, i nidi sono comunali e paritari in gran parte, e così via. L’autonomia non è un concetto semplice da gestire, che vede i dirigenti in grave difficoltà. Stanno venendo al pettine una serie di nodi che si sono accumulati in decenni. Il riportare a un quadro di riferimento le questioni è lo sforzo più grande che dobbiamo fare in questo periodo”.

Carla Virzì

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