L’economista Tito Boeri, ex presidente Inps dal 2014 al 2019, ha parlato a Fanpage.it in merito al Piano di Ripresa e Resilienza, il Pnrr, evidenziandone le criticità, relative soprattutto alla gestione dei fondi da parte degli enti scolastici e alla scarsa pianificazione.
“I dati della Corte dei Conti sono allarmanti. Anche noi abbiamo raccolto dei numeri – pur se ci sono grossi problemi di monitoraggio del Pnrr -, da cui in ogni caso emerge un grande ritardo nella spesa per i progetti del piano”, ha esordito Boeri commentando i risultati della relazione semestrale dei giudici contabili.
Secondo Boeri, dopo il varo del Next Generation Eu, in Italia, “c’è stata una sorta di ubriacatura collettiva. Abbiamo chiesto più fondi possibili – compresa la massima quota dei prestiti – perché sembrava che, su quella base, si misurasse il successo della nostra operazione”.
“Solo dopo aver ricevuto i soldi ci siamo chiesti cosa farne”
Il problema, sostiene l’esperto, è che “solo dopo aver preso tutti quei soldi (circa 237 miliardi in totale), ci siamo chiesti cosa farne e a quel punto lo abbiamo dovuto decidere in tempi strettissimi. Con queste premesse sono nati una serie di problemi. Tutti diffondeveno l’idea che i fondi europei arrivassero gratis, come un regalo, ma non era così”.
“Avremmo dovuto porre al centro il contrasto del declino demografico, l’integrazione degli stranieri, la lotta all’emarginazione sociale. La quota di fondi per questi obiettivi invece è molto bassa”. Boeri contesta l’ossessione per il digitale che permea tutto il Pnrr, seguendo peraltro i vincoli posti dall’Europa. Da questo punto di vista l’esperto considera la scuola un caso emblematico. “Abbiamo visitato scuole che hanno ricevuto moltissimi soldi e li hanno dovuti utilizzare per comprare iPad a bambini dai quattro ai sette anni, non credo ce ne fosse molto bisogno. Noi dobbiamo cercare di aumentare gli spazi di socializzazione, i doposcuola, gli insegnanti di sostegno. Queste cose invece sono state messe in secondo piano, rispetto all’idea della digitalizzazione, come panacea di tutti i mali”, ha spiegato.
Insomma, a suo avviso, una delle maggiori criticità riguarda molti dei progetti del piano europeo: ci sono soldi una tantum, ma non sono previsti fondi per la gestione e manutenzione nel tempo delle strutture.
Tosolini: “Cosa comprare? Dovrebbe essere l’ultima domanda da farsi”
All’edizione 2023 della Fiera Didacta Italia, l’appuntamento fieristico sull’innovazione nel mondo della scuola che ha luogo a Firenze La Tecnica della Scuola, presente all’evento, ha avuto modo di incontrare il dirigente scolastico Aluisi Tosolini, ex dirigente scolastico del liceo Bertolucci di Parma e formatore.
Quest’ultimo ha parlato di tecnologie a scuola e dell’importanza di una corretta pianificazione: “Ci sono più di due miliardi da spendere in new classrooms e new labs e quindi l’attenzione è su cosa comprare per innovare la scuola. Questa però dovrebbe essere l’ultima domanda da farsi; prima occorre un progetto. Ci si deve chiedere: che didattica si vuole mettere in campo? Quali sono le idee di scuola che si vogliono mettere in campo? Bisogna capire bene cosa si vuole fare”.
“Le scuole hanno ricevuto anche molti fondi legati alla dispersione. Questi devono integrarsi con il Piano Scuola 4.0. Una scuola del Sud dovrebbe chiedersi: ciò che viene comprato potrà essere usato dal territorio? Può favorire la formazione dei cittadini digitali? La scuola è un edificio pubblico che viene sottoutilizzato che dovrebbe diventare il luogo della formazione alla cittadinanza a prescindere dall’età. Si parla tanto di ChatGpt, molte scuole vogliono vietarlo: è come se avessimo vietato la penna bic o la stampa quando è stata inventata. Bisogna rovesciare il paradigma: i docenti sono stati capaci di portare avanti la scuola dopo il Covid, ora bisogna fare un passo successivo”, ha aggiunto.