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Pnrr, quali risorse per gli asili nido e l’istruzione tra 0 e 6 anni? La situazione attuale e i divari tra Nord e Sud Italia

27,2 sono i posti nei nidi e nei servizi prima infanzia ogni 100 bambini in Italia. Mancano quasi 6 punti all’obiettivo europeo di Barcellona: offrire ad almeno il 33% dei bimbi sotto i 3 anni e al 90% di quelli tra 3 e 5 anni l’accesso a strutture per la prima infanzia. Dopo il Covid sono stati innalzati al 45% e al 96%.

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione verso le politiche educative destinate alla fascia d’età che precede l’obbligo scolastico; quella tra 0 e 3 anni, cui si rivolgono gli asili nido e in generale i servizi socio-educativi per la prima infanzia, sono in Italia tradizionalmente considerati nella loro veste di servizio sociale, una risorsa per la conciliazione tra lavoro e famiglia, ma nel tempo l’approccio alla loro funzione è cambiato.

L’Italia, lo dicono i dati del giugno scorso, è tra i primi paesi in Europa – al 6° posto – per la partecipazione di bambine e bambine all’istruzione prescolare, preceduta da Irlanda, Francia, Belgio, Danimarca, Spagna e Svezia. Fanalini di cosa Slovacchia e Grecia.

È del 59,3% la percentuale dei comuni italiani che offre il servizio nido o altri servizi integrativi per la prima infanzia; al Sud la quota scende al 46%.

Risorse per i nidi

Il PNRR ha stanziato 4,6 miliardi di euro complessivi per la prima infanzia e di questi 3 miliardi, 2,4 sono destinati alla realizzazione di asili nido e servizi integrativi. Mentre si avvicinava la prima scadenza per la domanda da parte degli enti locali, la data, per mancanza di domande da parte degli enti locali è stata prorogata fino al 1° aprile, con risultati incoraggianti.

L’investimento del Pnrr è rivolto a riconoscere a tutte le bambine e i bambini il diritto all’istruzione fin dalla nascita, garantire pertanto un percorso educativo unitario e adeguato alle caratteristiche e ai bisogni formativi di quella fascia d’età.

Ma tra le finalità di questa misura ne rientrano anche altre di tipo socio-economico: dall’incentivazione dell’occupazione femminile all’incremento del tasso di natalità.

L’attuale offerta di posti nido sul territorio nazionale

Nel corso degli ultimi anni l’offerta di asili nido e servizi per la prima infanzia è progressivamente cresciuta, passando dai 22,5 posti ogni 100 bambini con meno di 3 anni del 2013 a 27,2 del 2020.

Restano ampi i divari tra nord e sud nell’offerta educativa per la prima infanzia.

Tuttavia, il dato medio nazionale che l’investimento del Pnrr punta a innalzare riflette profondi divari interni. Alcune regioni hanno superato da diversi anni la soglia Ue e si pongono ai vertici della classifica. Tra queste l’Umbria (44 posti ogni 100 bambini 0-2 anni), Emilia-Romagna e Val d’Aosta con una quota superiore al 40%. Sopra la soglia di Barcellona anche Toscana, Lazio e Friuli-Venezia Giulia.

Agli ultimi posti, con poco più di 10 posti ogni 100 bambini, 3 grandi regioni del mezzogiorno: Sicilia (12,5), Calabria (11,9) e Campania (11).

Queste, sebbene partissero da livelli addirittura inferiori negli anni scorsi, si attestano poco sopra la soglia dei 10 posti ogni 100 bambini. Nell’ultimo decennio da segnalare il recupero della Campania (dai 6,2 posti nel 2013 agli 11 attuali), mentre appare più contenuta la crescita delle altre due regioni al fondo della classifica.

Le province e città metropolitane che raggiungono la soglia europea sono raddoppiate, passando da 15 su 110 nel 2013 a 30 su 107 nel 2020. 4 le province con meno di 10 posti ogni 100 bambini residenti nel 2020: Ragusa, Caltanissetta, Cosenza e Caserta.

Resta il fatto che nessuna provincia del sud – ancora nel 2020 – raggiunge o si avvicina alla soglia del 33%. E solo due – entrambe in Abruzzo, Teramo e Chieti – superano quella del 25%. Nonostante miglioramenti anche significativi rispetto alla situazione di partenza – ad esempio in provincia di Caserta l’offerta è più che raddoppiata, passando 4,2 a 8,9 posti ogni 100 bambini, per un aumento di posti pari all’81% – l’Italia meridionale resta ancora ampiamente indietro.

Rispetto alla classificazione per aree interne, i comuni polo – le città baricentriche in termini di servizi – raggiungono la soglia del 33%. Quelli di cintura (le aree urbane hinterland dei poli) si attestano attorno al 25%. I comuni periferici e ultraperiferici non raggiungono il 20%. Nei primi, il rapporto è di 19,8 posti ogni 100 bambini.

Allo stesso tempo, nel Sud la carenza di questo tipo di strutture riguarda anche le stesse città maggiori. Se si isolano i 10 comuni italiani più popolosi, si va arriva a 1 posto ogni 2 bambini a Firenze (52%), Bologna (48,9%) e Roma (48,2%). Altre 2 città del nord, Torino (40,90%) e Genova (37,40%), superano la soglia del 33%; Milano è al 27,9%, poco sopra la media nazionale.

L’unica città del Sud che si avvicina a un posto ogni 5 bambini è Bari (18,20%), seguita da Napoli (12,70%), Palermo (11,90%) e Catania (7,50%).

La localizzazione degli interventi per gli asili nido

Quasi il 55% delle risorse per asili nido e poli dell’infanzia andranno agli enti locali di sud e isole, oltre 1,3 miliardi su 2,43 totali dopo lo stanziamento aggiuntivo da 108 milioni. Anche nell’ambito delle scuole dell’infanzia, il cui percorso per formare le graduatorie è stato molto più lineare, la soglia obiettivo sarà rispettata. Il 40,85% degli oltre 600 milioni andrà a enti del mezzogiorno.

L’investimento dovrebbe portare al finanziamento di quasi 2.200 progetti, di cui 333 per scuole dell’infanzia e oltre 1.850 per asili nido e poli dell’infanzia. Di questi, 14 sono localizzati nel comune di Palermo (12 milioni complessivi) e 13 in quello di Napoli.

Al settimo posto la città metropolitana di Roma (57,7 milioni), seguita da Avellino (55), Bergamo (47) e Pescara (46,8). Nell’ennese oltre 1/3 del finanziamento previsto per asili deriva da quel bando, così come oltre un quarto delle risorse per gli enti di Messina e Trapani.

Carmelina Maurizio

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