Francesco Billari è docente di Demografia con esperienza internazionale e, dal novembre 2022, Rettore dell’Università Bocconi di Milano. Nella sua relazione inaugurale di qualche giorno fa in occasione dell’apertura dell’anno accademico del prestigioso ateneo italiano, il Rettore ha lamentato, nell’ordine: il forte calo dei laureati italiani nei confronti degli altri Paesi dell’OCSE, meno del 30% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni; il primato non invidiabile dei giovani NEET, ragazzi cioè che non sono all’interno del sistema di istruzione, non seguono una formazione professionale, non lavorano. E fin qui, nulla da eccepire, così è, purtroppo.
Quello che è sorprendente è il seguito del discorso, allorché il Rettore attribuisce la responsabilità di tutto questo… al sistema scolastico italiano. Dice testualmente il professore Billari: “La situazione odierna è figlia di una scuola ancien régime, in gran parte ancorata alla Riforma Gentile varata nel 1923, per rispondere alle esigenze e al pensiero dominante di un mondo che oggi non esiste più. Se non interveniamo e invertiamo la rotta i ventenni di oggi si troveranno in futuro in una società troppo vecchia per prendersi cura di sé e dell’ambiente, con troppi pochi giovani e ancor meno talento”.
Una scuola ancora gentiliana? Forse l’evoluzione della scuola italiana negli ultimi trent’anni è passata sotto silenzio: prendiamo, ad esempio, la rivoluzione nel vasto arcipelago degli istituti professionali. Altro che Gentile! Adesso siamo in grado di preparare tecnici informatici, cuochi, giovani esperti nel settore alberghiero e della ristorazione che tutto il mondo ci invidia. E che spesso sono costretti a lasciare l’Italia perché non si sono le condizioni per lavorare con dignità.
Ma il Rettore continua la sua requisitoria contro la scuola pubblica: “Abbiamo un sistema scolastico che non riesce a far raggiungere competenze di base a un gran numero di bambini e di ragazzi. E molti, anche delle generazioni più giovani, rimangono esclusi. Secondo il rapporto INVALSI del 2023, quasi uno studente su due non raggiunge livelli soddisfacenti nella capacità di interpretare un testo scritto e comprenderne il significato: una quota importante di coloro che ha ottenuto un diploma di scuola superiore non conosce sufficientemente la lingua italiana. Analogamente triste la situazione in matematica: metà delle studentesse e degli studenti alla soglia degli esami di maturità non raggiunge livelli soddisfacenti”.
Meno male che almeno l’inglese si salva, o quasi: “Un piccolo segnale positivo viene dalla lingua inglese, il cui apprendimento sta migliorando decisamente nel corso del tempo, probabilmente grazie alla rivoluzione digitale e all’accesso generale ai contenuti nella lingua franca del nostro tempo”.
Quindi, i miglioramenti delle competenze in lingua inglese solo in parte sarebbero attribuibili alla scuola, visto che – per il Rettore – dobbiamo “probabilmente” ringraziare la rivoluzione digitale e “l’accesso generale ai contenuti nella lingua franca del nostro tempo”.
Meno male che c’è l’università, la Bocconi in particolare, visto che il Rettore continua affermando che “per questo oggi voglio ripartire dall’università, dal suo ruolo, e in particolare dalla nostra università pensata, organizzata e alimentata con l’obiettivo di avere un impatto positivo sulle persone e sulla società per contribuire a creare un mondo migliore, sostenibile e inclusivo. Cambiare il mondo, cambiare le vite, per i nostri ventenni di oggi e di domani”.
Ma i ventenni di oggi, nei loro primi diciotto anni, li ha allevati la Bocconi? Non hanno forse seguito una scuola dell’infanzia prima, una scuola primaria poi, per trasferirsi in seguito in una scuola secondaria di primo e, infine, di secondo grado? Vengono tutti da una scuola che li ha fatti crescere e diventare cittadini e persone responsabili e consapevoli. Certo, ognuno con i suoi talenti. Ci sarà pure una percentuale che non riesce a raggiungere risultati apprezzabili in matematica e comprensione del testo, come accade fisiologicamente nei sistemi scolastici di tutto il mondo. Ma definire il nostro sistema scolastico “ancien régime” e “gentiliano” è un torto fatto alla scuola. A quella scuola che, probabilmente, anche il Rettore della Bocconi ha frequentato.
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