“Perché in un Paese dove pochi leggono, ancor meno comprano, si stampa 70 mila libri all’anno; circa 190 al giorno; 8 ogni ora? Uno tsunami di carta. Dove tutto si confonde, si perde, si cannibalizza a vicenda”.
La domanda, senza una risposta che non sia il macero, parte da La Stampa che aggiunge: “Il turn over delle novità è sì alto che la vita media di un libro si riduce a un amen. Al massimo a un prece funebre. Dato che le librerie hanno spazi fisici limitati il volume nuovo scaccia quello vecchio (e come per la moneta, spesso, il cattivo uccide il buono). A meno che non sia bestseller, in poco tempo imbocca la via dei resi. Torna al mittente, nei bui magazzini, come nella solitudine troppo rumorosa di Hrabal, ad aspettare il macero”.
Sembra che “la vendita media per titolo è di 160 copie, dunque il 90% degli autori riesce a piazzare meno di cinque copie, dimostrando con ciò che neppure i parenti più stretti, l’amante, l’ex compagno di banco alle medie, fanno lo sforzo di acquistarlo”.
“Quindi, cari editori- conclude l’interessante articolo della Stampa-, perché sfornate così tanti titoli? È bulimia. È dumping contro se stessi. Stampate meno. Dimezzate la produzione. Abbiate il coraggio di scegliere, e non pubblicate più a raffica per imbroccare il bestseller come un cecchino cieco che sventaglia mitragliate a casaccio sperando di centrare il bersaglio. Ma soprattutto ridarete qualità a un oggetto fragile e magnifico. In economia, nella vita, nell’amore, succede così: più una cosa è rara, più è pregiata”.
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