Sembra che scrivere sonetti non è più solo una prerogativa degli umani. Nuovi esperimenti sull’intelligenza artificiale hanno permesso la creazione di sistemi in grado di comporre poesie ancora molto embrionali in termini di qualità, semplici ed ingenue (ricordano le frasi di un bambino), ma rappresentano un primo passo significativo verso la nuova abilità di imitare il linguaggio umano: una procedura, fino a qualche tempo fa inimmaginabile, oggi possibile utilizzando la tecnica basata sull’osservazione di un elevatissimo numero di immagini.
Jack Hopkins, fondatore della Spherical Defence Labs LLC di Londra ed ex ricercatore presso il laboratorio di Informatica di Cambridge, è riuscito, infatti ad andare molto vicino alle poesie composte dall’essere umano grazie allo sviluppo di alcuni algoritmi in grado di istruire una rete neutrale artificiale.
Questi programmi sono stati, in sostanza, “addestrati” attraverso l’utilizzo di migliaia di immagini, in modo da imparare ad associare loro delle rime o comunque delle frasi di senso compiuto.
Finita la fase iniziale di scolarizzazione, gli algoritmi hanno affrontato la prova della scrittura, realizzando delle rime dopo aver “osservato” immagini suggestive, in modo analogo ad alcuni test psico-attitudinali che legano figure colorate alle emozioni umane.
Questo primo test ha provocato inevitabili numerose critiche basate sull’assunto che scrivere poesie non è semplicemente una questione di mettere in fila parole ricopiando la metrica di un determinato stile poetico.
Scrivere una poesia è infatti, dicono gli scettici, l’espressione di sentimenti, pensieri, emozioni contenute nelle parole stesse del testo. Possiamo arrivare, quindi ad insegnare alla macchina anche le emozioni che stanno dietro le parole? E soprattutto che senso ha tutto questo?
Sicuramente dal punto di vista scientifico l’esperimento è ritenuto superato perché leggendo i pur semplici testi delle poesie come ad esempio “il cielo grigio e nuvoloso è tranquillo e pacifico” non si capisce, riferiscono i 70 esperti cui è stato chiesto di analizzare i testi se a scriverla sia stato un bambino o una macchina.
E questo, secondo gli autori, rappresenta un traguardo importante verso “la generazione automatica di un linguaggio poetico attraverso le immagini”.
Nel lavoro condotto insieme al collega Douwe Kiela della “Facebook AI Research”, Hopkins ha applicato metodi e algoritmi diversi rispetto alle precedenti sperimentazioni, per istruire la rete neurale artificiale con memoria a breve e lungo termine (LSTM), proprio per far sì che essa fosse in grado di produrre non solo sonetti, ma diversi tipi di metriche, su tematiche di volta in volta differenti.
I modelli precedenti erano infatti costruiti per lo più per generare un solo tipo di stile, senza possibilità di variare e riconoscere diverse metriche o di scrivere seguendo una specifica tematica.
Dal punto di vista della tecnologia prendiamo sicuramente come positivo l’esperimento. Tuttavia, di certo il fatto che una macchina arriverà ad esplorare il variegato mondo dei sentimenti umani, questo sicuramente ci spaventa non poco.
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