Il rispetto nei confronti delle minoranze etniche, oltre ad essere garantito costituzionalmente, è parte integrante di testi legislativi a livello europeo. Le relative istituzioni, in particolare la Commissione dotata di veri osservatori, viene traccia dell’effettiva tutela, integrazione attiva e partecipazione delle minoranze alla vita civile, politica e sociale. La questione legata all’etnia Rom è assai complessa: numerose le polemiche ed affermazioni dal sapore politico avanzate senza la proposta di interventi strutturali ed efficaci atti a favorirne un’integrazione orizzontale, partendo dalla scuola come ambiente di vita comune, collettiva ove la formazione risulta essere il collante fondamentale, elemento plasmante dell’identità comune di una popolazione che condivide ambienti, servizi e vita senza però confrontarsi attivamente. In alcune circostanze, specie quando la questione diviene spinosa ed a mero vantaggio di forze politiche, la scuola risulta essere un principio, elemento embrionale di natura divisiva: in Slovacchia fa discutere la creazione di istituti ad hoc per la popolazione studentesca di etnia Rom. Non bastavano i muri tra villaggi e città – vedasi Moldava nad Bodvou nella Regione di Kosice – i ghetti – Luhnik IX è noto a livello europeo.
Un piccolo istituto elementare ai piedi dei Carpazi, nella Slovacchia orientale, è stato al centro di uno scandalo nazionale ed europeo in vista delle elezioni generali di fine settembre nel paese dell’Europa orientale, una sentenza della corte suprema di Bratislava, e più recentemente un intervento di Bruxelles. Presto ci sarà un’udienza presso la Corte di giustizia europea dove sarà in gioco niente meno che l’autorità morale della Slovacchia. La segregazione degli studenti Rom nel sistema educativo slovacco pare essere realtà. Per gli attivisti, l’attuale sistema scolastico in Slovacchia equivale a poco meno di un’apartheid in cui i bambini rom sono stati sistematicamente separati dal sistema scolastico tradizionale e condannati a scarsi risultati scolastici e alla povertà non solo economica, ma anche integrativa e culturale. A febbraio la Corte suprema slovacca ha stabilito che gli amministratori della scuola di Kičrova avevano consentito la segregazione dei bambini rom, fatto che ha portato alla Commissione ad annunciare di voler deferire la Slovacchia alla Corte di giustizia europea per diffuse violazioni delle direttive sull’uguaglianza. I funzionari di Bruxelles stanno preparando la causa legale in quello che sarà anche un colpo inferto ai governi di Ungheria, Repubblica Ceca e Croazia, dove tale discriminazione sembra essere diffusa. Si tratta, però, di una questione complicata per la quale esistono poche soluzioni facili e dirette.
Con circa il 9% della popolazione identificata come Rom, equivalente a circa 500.000 persone, il paese ha una delle comunità di questo tipo più importanti e storiche d’Europa. Il loro vissuto è generalmente caratterizzato da discriminazione e povertà dalla nascita sino al decesso prematuro. Gli uomini e le donne Rom hanno un’aspettativa di vita inferiore di 7,5 e 6,6 anni rispetto alla popolazione slovacca. Secondo gli studi più recenti, meno di uno su cinque tra gli over 16 è occupato. Nel Belpaese, specie nei maggiori centri, la questione Rom è al centro di dibattiti quotidiani: il Ministero dell’Istruzione e del Merito, attraverso un programma dedicato denominato Programma nazionale per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti, provvede alla realizzazione di piani attivi d’inclusione didattica ed a facilitare, in secondo luogo, l’avvicinamento e l’accesso degli studenti e delle rispettive famiglie all’educazione ed alla scuola pubblica. Tali servizi, attivi nelle principali città metropolitane dello Stivale, sono cruciali per il mantenimento della stabilità e della salute sociale della minoranza Rom.
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