Dai dati sul numero di colleghi precari che hanno fatto domanda di assunzione emerge il fatto, peraltro abbastanza scontato, che una parte consistentissima degli aspiranti risiede al sud e che ci sarà, visto che i posti liberi sono in larga misura nel settentrione, un massiccio spostamento di colleghi da sud a nord.
A questo punto si scatenano polemiche, anch’esse scontate e rivendicazioni tanto legittime quanto prive di effettiva efficacia.
Sarebbe forse utile, quantomeno per evitare banalità, ricordare come si è determinata la situazione attuale e chi ne è responsabile.
Nel luglio 2001 col decreto legge n. 255/3.7.200, era ministro Letizia Moratti e governava la destra, si riconobbe al servizio prestato in qualità di insegnanti nelle scuole paritarie pari dignità rispetto a quello prestato nelle scuole pubbliche, in concreto, visto che di “dignità” non si vive, per l’ottenimento di supplenze e per le immissioni in ruolo il punteggio derivante dai due tipi di servizio fu unificato.
Si trattava con ogni evidenza di una concessione di straordinario rilievo, sia simbolico che economico, alla scuola privata che in Italia è, nelle stragrande maggioranza dei casi, gestita dalla chiesa cattolica.
Da una scelta, a mio avviso sbagliata, sono però derivate conseguenze negative ulteriori di natura ai limiti, ed oltre i limiti, della legalità.
Infatti una serie di scuole paritarie, è bene ricordare che le scuole paritarie sono a tutti gli effetti scuole private sottoposte a limitatissimi controlli pubblici, si è specializzata nella vendita di punteggio assumendo personale a condizioni indecenti, a stipendio ridotto e, in alcuni casi, senza stipendio in cambio dell’ottenimento di un punteggio spendibile in prospettiva per l’immissione in ruolo.
A questo punto è avvenuto, ma era perfettamente prevedibile che avvenisse e comunque la cosa era di dominio pubblico, che molti precari del sud, di fronte alla scelta di trasferirsi a nord con scarse possibilità di lavoro, spese rilevanti per abitazione, viaggi ecc., si sono piegati al ricatto fornendo un personale a costo ridottissimo alle scuole paritarie delle loro località.
Si potrà obiettare che il loro comportamento è criticabile ma è ancor più criticabile il porre sullo stesso piano le responsabilità di soggetti posti in condizioni di debolezza di fronte a quelle dei proprietari delle scuole paritarie e soprattutto dei governi che hanno determinato prima e tollerato poi questa situazione.
Per completezza di informazione va detto che il ddl introdotto dal ministro Moratti era la logica conseguenza della Legge n. 62 del 10 marzo 2000, ’ Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione’, voluta fortemente dal ministro Luigi Berlinguer, membro di un governo di sinistra, e, soprattutto, che negli anni seguenti non si è posto in alcun modo mano a rimediare allo sconcio che avveniva sotto gli occhi di tutti.
Va ricordato, d’altro canto, il sostanziale silenzio dei sindacati istituzionali che su questa situazione, se si fa eccezioni di alcuni esponenti locali, non si è certo impegnato, mentre le denunce continue ed aperte del sindacalismo di base in generale e della CUB in particolare non hanno trovato molta attenzione, per usare un eufemismo. Non è necessario molto acume per comprendere che nonci si è voluto scontrare con la potente lobby delle scuole private che in questi anni ha ottenuto sostegno diretto ed indiretto da governi nazionali e locali di diverso orientamento ma di comune opportunismo.
Se quanto sinora affermato è esatto, e mi pare difficile confutare che tale sia, va evitata l’ennesima batracomiomachia, magari fomentata da politici interessati a trovare attenzione e consenso a poco costo e vanno cercate soluzioni serie e strutturali alla situazione attuale a partire dalla riaffermazione dell’importanza della scuola pubblica anche e principalmente nella selezione del proprio personale.
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