Infatti almeno un centinaio di docenti di quella università ha deciso di fare ricorso al Tar della Lombardia, perché ritiene sia a rischio la libertà di insegnamento. Ma quali sono le basi su cui è impiantato il ricorso al Tar? Si parla espressamente di presunta incostituzionalità, in quanto eliminare la nostra madre lingua colpisce la centralità della lingua italiana. Infatti è ancora in vigore un Regio Decreto del 1933 che impone l’italiano come lingua ufficiale d’insegnamento nei nostri atenei.
E poi la presunta minaccia della libertà d’insegnamento, perché imporre obbligatoriamente l’inglese diminuirebbe l’offerta formativa. E infine la presunta lesione del diritto allo studio per coloro che, non masticando granché d’inglese, non potrebbero seguire i corsi con la dovuta efficacia. Il ricorso al Tar oltre che rompere gli equilibri interni dell’ateneo tra Rettorato e senato accademico da una parte e docenti dall’altra vuole sottolineare che imporre la lingua inglese non rende più internazionale l’ateneo ma solamente più anglicizzato. Si tratta di due cose ben diverse sostiene il professor Emilio Matricciani docente di ingegneria al Politecnico.
E poi, continua l’ingegner Matricciani, mi sembra evidente che ci sia un abuso di potere: non puoi obbligare qualcuno a usare una lingua che non sia la sua. Il rettore del Politecnico, Azzone, mostrando sicurezza sostiene che la decisone non verrà fermata dal Tar e ricorda che il sottosegretario Ugolini ha dichiarato in parlamento che le decisioni del Politecnico sono coerenti con la normativa.
Attendiamo curiosi, anche perché pure nelle scuole superiori la riforma Gelmini impone l’esposizione di una materia d’indirizzo fatta in lingua inglese, le decisioni del Tar Lombardia. Così scopriremo se la nostra istruzione si sta indirizzando verso una sana internazionalizzazione o ad una più preoccupante anglicizzazione.
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