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Politica e istruzione: il docente visto come impiegato

Sono entrato nel mondo della scuola nel 2008, Ministro dell’Istruzione Gelmini. Siamo nel 2020, ministro Azzolina. Gelmini sotto la bandiera di Forza Italia, l’Azzolina pentastellata; una del nord, l’altra del sud. Si sono susseguiti i ministri a viale Trastevere, ognuno con colori diversi, alcuni hanno cambiato colore in corso d’opera. Nel mezzo un po’ di tutto. Una cosa non è cambiata, la politica che vige a Viale Trastevere. La logica del Ministero dell’Istruzione è al di sopra dei partiti, va al di là delle motivazioni politiche in senso stretto, vi è un accordo multipartisan in cui hanno preso parte partiti e movimenti. Leggendo le ultime note ministeriali e ricordando le prime lette da me nel 2008, sembra non essere cambiato nulla nell’impostazione.

Il movimento 5 Stelle è salito al governo anche grazie ai voti del mondo della scuola delusi dalla politica di Renzi (vedi legge detta “della buona scuola”). Lo stesso Renzi si è dovuto dimettere per i dissensi suscitati, in buona parte, come hanno fatto notare anche emeriti osservatori, ricevuti dal mondo della scuola.

La proposta contrattuale proveniente dal ministero sulla DAD, ormai prossima alla firma, evidenzia come l’opinione del ministero nei confronti del docente sia quella di considerarlo una sorta di impiegato, preoccupandosi di far timbrare il cartellino al docente-impiegato furbetto che si aggira per le classi e per i corridoi della scuola. Questa proposta proviene da un partito, anzi da un movimento, che aveva fatto della scuola uno dei punti di forza della sua campagna elettorale, promettendo, fra l’altro, di smontare la legge sulla buona scuola. La legge è ancora lì e nulla è stato praticamente fatto, se non qualche aggiustamento.

La linea comune seguita finora sembra essere quella di fare della scuola una grande impresa, con amministratore delegato il ministro, direttori di sede i dirigenti scolastici, supervisori i dirigenti regionali. Gli unici organi che davano veramente autonomia alle scuole, i consigli di classe, il collegio docenti, il consiglio d’Istituto, sono stati svuotati dei propri poteri, vuoi per le leggi che si sono susseguite, vuoi per una rassegnazione e inerzia sempre maggiore di chi ne fa parte.

Lo Stato, qual è che sia il colore politico del momento, ha relegato la scuola ad una sorta di istituto di ricovero per giovani. Una scuola attiva, autonoma, viva creerebbe menti pensanti, giovani responsabili, svilupperebbe una mentalità critica. E’ molto più semplice gestire persone ignoranti che cittadini consapevoli.

La democrazia è supportata da un popolo responsabile, di contro un popolo non istruito, senza pensiero critico diventa manovrabile: il cittadino ridiventa suddito. Questo fa comodo a chi amministra ma si commette un enorme errore. Se si dovesse continuare su questa linea avremmo dei cittadini-sudditi non in grado di amministrare, una classe dirigente incapace; il sistema socio-economico non reggerebbe, ci troveremmo presto a dover affrontare un imminente fallimento sociale. Lo Stato deve ridare dignità alla scuola.

Sebastiano Calvano

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