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Politici sempre più maleducati e arroganti, invece se un docente reagisce a un genitore violento rischia una denuncia: l’Italia “due pesi e due misure”

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March 15, 2025

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    Ricordo che, ai tempi della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli era stato sottoscritto un Contratto collettivo nazionale che nascondeva come polvere sotto il tappeto gli annosi ed irrisolti problemi della scuola italiana e però se ne usciva con un exploit all’art. 24, dichiarando che la scuola “è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni”.  Allora mi ero arrabbiata non poco, perché, conoscendo la scuola dall’interno e non per sentito dire, ben sapevo quanto poco tale istituzione rispondesse alla definizione di “comunità educante” e quanto invece il processo velleitario e dannoso di “aziendalizzazione” in atto da più decenni minasse alla base ogni idea di collaborazione vera, per sostituirla con una falsa meritocrazia e una altrettanto falsa e dannosa gerarchizzazione e burocratizzazione del lavoro dei docenti.

Un altro motivo di rabbia derivava anche dal fatto che la ministra Fedeli, anch’ella paladina del merito – a dimostrazione che  i processi più perniciosi che hanno toccato e modificato la scuola italiana nell’ultimo quarto di secolo sono stati rigorosamente bipartisan – era stata coinvolta in un mezzo scandalo. “Mezzo” perché siamo nel paese che tutto perdona (a chi detiene un po’ di potere): per me il fatto che il vertice del Ministero dell’Istruzione avesse dichiarato di possedere un titolo di studio che non aveva mai conseguito e che avesse in seguito tentato di giustificarsi goffamente era un insulto personale. Altro che “comunità educante”!  Valeria Fedeli dichiarava nel suo curriculum il “diploma di laurea in Scienze sociali” per poi modificarlo in “diploma per assistenti sociali”. E qui mi avvicino al tema del mio articolo, che tratta della forza dell’esempio sulle giovani generazioni.

    Tra i problemi della nostra epoca è che le buone maniere sono ormai un lontano ricordo; un altro problema è costituito dal fatto che, nel momento in cui abbiamo a disposizione un potentissimo archivio che ci potrebbe far recuperare in un attimo qualsiasi ricordo appannato, riportandolo alla primitiva precisione – ebbene, proprio oggi non ci si ricorda più di ciò che è successo l’altro ieri.

Infine – non è l’ultimo dei problemi, ma qui mi fermo – impera un narcisismo spropositato, che rende possibili, per donne ed uomini che hanno un ruolo pubblico, comportamenti tanto arroganti quanto sommamente ridicoli.

     Le giovani generazioni vedono i comportamenti dei “grandi” e ne escono rafforzati nei loro atteggiamenti infantili e capricciosi. Se anche quell’uomo o quella donna che siedono in Parlamento si comportano in quel modo, perché non dovrei farlo io? Non si obietti che le giovani generazioni non guardano i talk show televisivi né seguono le cronache politiche. Il meglio del meglio dell’uno e dell’altro ambito vengono riportati su youtube e quindi, anche se sarebbe preferibile vietarli ai minori, i minori a quelle notizie hanno libero accesso.

    In questa intricata selva di notizie le offerte sono infinite e di pessimi esempi che hanno come protagonisti deputati e senatori del bello italo regno i nostri figli ne possono trovare quanti vogliono. Dal linguaggio scurrile in avanti tutto sembra essere permesso.

   Infine: ciò che è permesso ai “potenti” è negato ai cittadini comuni. Se un docente si rivolge a parolacce ad un genitore rischia una denuncia ed un procedimento disciplinare; se un collaboratore scolastico dichiara di possedere un diploma che invece non possiede non la passerà liscia. Naturalmente auspico un buon comportamento di tutti nei confronti di tutti e ritengo che il rispetto sia alla base di una convivenza civile.

Ciò non toglie che i “due pesi e due misure” siano sempre un pessimo segnale: se le norme che valgono per i comuni cittadini non valgono invece per chi detiene una posizione di potere la democrazia è in pericolo. Insegnare ai più giovani il rispetto per le istituzioni diventa difficile se i nostri politici si dimenticano che il decoro, per una figura pubblica, non è un optional.