Le uscite mediatiche del vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, titolare anche del dicastero del Lavoro, stanno sempre più spesso toccando la scuola: in pochissimi giorni, ha prima detto di volere censire i campi rom, per riuscire anche fare frequentare la scuola ai bambini; poi si rivolto ai maturandi invitandoli a “godersela” come fece lui. E ancora, ha detto che farà di tutto sia per riuscire ad installare le telecamere negli istituti, partire dell’asilo, in modo da prevenire le violenze che certi docenti, definiti “bestie”, attuano nei confronti degli alunni, sia per collocare le forze di polizia davanti agli istituti scolastici, al fine di combattere l’utilizzo della droga a scuola.
Ed è quest’ultimo argomento a tenere banco. Salvini ha tenuto a sottolineare che “le nuove droghe stanno stroncando i ragazzini fin dai dodici anni davanti alle scuole. In autunno vorrò che carabinieri e polizia siano davanti alle scuole perché i venditori di droga ai nostri figli devono finire in galera, dal primo all’ultimo, e il problema è che poi devono restarci. E qua bisognerà lavorare col ministro della Giustizia”.
La sortita del ministro del Lavoro sulla polizia da utilizzare come deterrente allo spaccio di droga tuttavia, non è piaciuta a molti addetti a lavori. Sui social si sono accavallati i commenti negativi, soprattutto da parte dei docenti: “le scuole non sono caserme”, “con i giovani serve il dialogo, non la repressione”, “no allo stato di guerra”, sono solo alcuni dei post che lasciano intendere il pensiero del corpo insegnante sul tema.
Anche i sindacati non condividono l’idea del vicepremier. Per il segretario generale della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli, “le scuole sono luoghi di cultura e di elaborazione del sapere in cui bambine, bambini e adolescenti si formano grazie all’impegno quotidiano e alla dedizione di migliaia di docenti”.
“La presenza giornaliera di una pattuglia di carabinieri davanti ad ognuno dei 40.000 edifici scolastici italiani – ha replicato Sinopoli – oltre a essere impossibile dal punto di vista organizzativo e inutile per la lotta alla delinquenza e allo spaccio di droga, sarebbe un segnale estremamente negativo: la scuola deve essere percepita dagli adolescenti che la frequentano come un luogo libero, accogliente e rassicurante e non come luogo di repressione”.
“Docenti e dirigenti scolastici sono costantemente in prima linea nella promozione della legalità e del benessere di bambine, bambini, studentesse e studenti. Già oggi le forze dell’ordine collaborano ai programmi di prevenzione e contrasto di tutti i fenomeni di devianza, dal consumo di droga e alcol, al bullismo e cyberbullismo. Attraverso la loro partecipazione attiva alle iniziative di formazione di docenti, dirigenti e ATA e di supporto ai progetti della scuola, contribuiscono a innalzare il livello di fiducia nelle Istituzioni insieme alla conoscenza e consapevolezza dei rischi derivanti da comportamenti devianti”.
“Affidare alle forze dell’ordine meri compiti repressivi davanti alle scuole significherebbe vanificare il lavoro fatto in questi anni e ritornare indietro di decenni“. Per Sinopoli, quindi, “l’attenzione alla scuola e alle sue problematiche non si fa attraverso annunci ad effetto ma avendo cura della scuola con una politica di investimenti sulle strutture e sul personale diverse rispetto a quelle praticate”, conclude Sinopoli.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è posto Antonello Giannelli, leader dell’Associazione nazionale presidi: “Alla repressione non si può certo rinunciare, ma – ha sottolineato il presidente Anp, come già riportato dalla Tecnica della Scuola – non può essere disgiunta dalla prevenzione. Questa, a mio avviso, è più potente; convincere i ragazzi che la droga fa male è più utile che mettere un po’ di volanti fuori dalle scuole”.
Anche il presidente Anp ha fatto che l’impegno della polizia di Stato sarebbe improbo: “Fermo restando che siamo favorevoli al rispetto delle leggi, non so quanto sia realizzabile a partire proprio da un fatto concreto, numerico, abbiamo 40 mila edifici scolastici”.
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