Ori e argenti di Moregine, Zeus da Poseidonia, la testa in marmo di una statua femminile, da Ercolano, decori da Metaponto, una copia della statua ateniese di Afrodite Sosandra da Stabiae e un’altra copia proveniente da Baia. Sono alcuni dei 600 raffinati reperti che raccontano l’intreccio di linguaggi, culture, commerci che hanno mescolato le identità dei popoli del Mediterraneo e che si possono ammirare nella mostra “Pompei e i Greci” allestita nella Palestra Grande degli Scavi, visitabile da domani al 27 novembre.
Il ticket d’ingresso aumenterà di due euro (da 11 a 13) come contributo all’esposizione curata dal direttore generale della Soprintendenza di Pompei, Massimo Osanna, e da Carlo Rescigno (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli), con l’organizzazione di Electa. Chi parte per questo viaggio nel tempo sarà catturato all’ingresso da immagini multimediali (Gen-Graphics eMotion) che avranno come tema portante l’acqua e il mare, elemento di fusione delle vite che l’attraversano.
L’orologio della storia riporta il visitatore in un mitico percorso come Odisseo che da Oriente giunge in Occidente, trasportando oggetti d’uso quotidiano e oggetti di culto. Ci si inoltra in una terra che è “Pompei prima di Pompei”. Alla foce del fiume Sarno, e lungo la vallata si potevano incontrare i villaggi, risalendo il corso d’acqua, remando su una “piroga” che è solo un tronco d’albero scavato. Fu ritrovato nell’insediamento perifluviale di Longola, ed è uno dei primi reperti esposti in mostra.
Pompei viene fondata nel VII secolo avanti Cristo, ricca di santuari, case, strade regolari che danno lavoro ad artigiani di Cuma, Poseidonia, Capua e Metaponto. Da Cuma si diffonde il culto di Apollo e della divina Sibilla, si compone un mondo variegato di genti che commerciano in piccoli scali. Nei porti di Pompei e Sorrento o presso il Rione Terra di Pozzuoli si parla greco, etrusco, italico. Un dischetto iscritto, forse proveniente da Cuma, è il suggestivo reperto che testimonia il rito della Sibilla. “La ‘luna nera’ – spiega il prof Rescigno – che probabilmente dava lo stop al consulto”.
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L’epica battaglia di Cuma contro gli Etruschi, un conflitto scaturito dallo sviluppo di nuovi potenti commerci sul mare dovuto alla fondazione del porto di Neapolis, interrompe il fluire del tempo come era stato concepito fino a quel momento. Lo scontro tra due flotte da guerra che seminò distruzione e morte sui fondali del mare diventa assordante nella seconda installazione multimediale della mostra. Il bottino di guerra, offerto come decima agli dei dal tiranno siracusano Ierone che portò i cumani a trionfare, è esposto in mostra. Sono i pesanti elmi di metallo razziati alle vittime.
“È il 474 avanti Cristo – spiega il prof. Rescigno – la battaglia segna il declino di Pompei e per cento anni non troviamo più nulla della città di Pompei, per quanto gli archeologici si siano finora affannati”. Pompei rinascerà all’inizio del IV secolo avanti Cristo e sarà poi più ricca e influente di prima, così, la mostra fa vivere al visitatore l’esperienza del lusso e della ricchezza culturale della città ispirata ai Greci. (Ansa)
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