Con circolare ministeriale n. 84 del 10 novembre 2005 prot. n. 10328 del Dipartimento per l’istruzione – Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, il Miur ha disposto le linee guida per la definizione e l’impiego del Portfolio delle competenze nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione.
Come avevamo già preannunciato alcune settimane fa, all’indomani del convegno “Portfolio per valutare o per capire” svoltosi a Forlì, la circolare sottolinea in sostanza l’obbligatorietà della compilazione del portfolio e, per evitare il proliferare di strumenti diversi e disomogenei fra loro, fornisce un vero e proprio modello che risulta di fatto vincolante.
Secondo il Miur il portfolio dovrà essere articolato in 3 sezioni: una obbligatoria a struttura obbligata, una obbligatoria ma la cui struttura puà essere definita dalla scuola e l’ultima “suggerita” e lasciata alla libertà delle scuole.
In pratica le parti obbligatorie riguardano il documento di valutazione, l’attestato di ammissione, la certificazione delle competenze, il consiglio di orientamento, la documentazione dei processi di maturazione personale dell’alunno e la modalità di partecipazione/autovalutazione dell’alunno.
La certificazione delle competenze dovrà avvenire al termine della scuola primaria e all’uscita del primo ciclo di istruzione, mentre il “consiglio di orientamento” riguarda unicamente il momento del passaggi dalla secondaria di primo grado e il sistema di istruzione e formazione del II ciclo.
Adesso non resta che aspettare le prevedibili reazioni e proteste delle organizzazioni sindacali; la Gilda già da tempo ha messo a disposzione degli insegnanti una sorta di “kit ” per rifiutare la compilazione del portfolio ma sicuramente nei prossimi giorni anche gli altri sindacati si pronunceranno.
Ma lo scenario che si presenta non è per nulla semplice: di fronte ad una circolare prescrittiva come quella che il Ministero ha diramato, come si comporteranno i dirigenti scolastici?
In Piemonte si sta proponendo una situazione per certi versi analoga: alcuni collegi dei docenti stanno rifiutando di somministrare le prove dell’Invalsi ed è molto probabile che i dirigenti scolastici saranno costretti ad attivare procedure di veri e propri “ordini di servizio”, che – a quanto è dato di sapere in questo momento – saranno in qualche modo “digerite”, ma non impugnate, dagli stessi sindacati.
Resta il fatto che la realizzazione di questa riforma sembra legata ogni giorno di più ai rappori di forza fra Ministro e Sindacati e, di conseguenza, affidata non al dibattito culturale e pedagogico quanto piuttosto all’esito di ricorsi, sentenze e pronunce di autorità esterne alla scuola.
Una riforma, insomma, che di scolastico ha ormai ben poco.