La proposta è partita dal sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, il quale ha annunciato “Urbi et Orbi” che l’uso dello smartphone, sarà consentito in classe.
Dice infatti: “La scelta fa parte di un disegno molto più ampio, il governo sta investendo in modo consistente per arrivare ad una digitalizzazione sempre più diffusa nelle scuole. Suona quasi una contraddizione vietare l’uso di qualsiasi dispositivo in classe, durante le lezioni. Stiamo costruendo la scuola del futuro che non potrà non avere anche smartphone e tablet in classe”.
Questo il suo incipit. E non contento ha aggiunto: “Immagino un uso virtuoso di smartphone e tablet da parte degli studenti nella lettura dei testi in classe o per svolgere i compiti a casa. Per tutti i giovani con disabilità sarebbe il modo più immediato per eliminare alcune barriere e migliorare le loro capacità di apprendimento. Me ne sono reso conto io stesso con mia figlia Sara, autistica. I soggetti autistici non amano il telefono, per la loro particolare sensibilità uditiva: da quando mia figlia ha imparato a usare whatsapp mi è molto più facile comunicare con lei.
Lo stesso accadrebbe in classe se potesse avere un telefonino a disposizione. E accadrebbe a tutti quelli che hanno difficoltà di apprendimento”. E poi precisa ancora: “Per proteggere ragazze e ragazzi dal cyber-bullismo abbiamo due possibilità: si può avere un atteggiamento luddista e vietare in modo assoluto l’uso dei cellulari nelle scuole, oppure autorizzarli ma con professori in grado di insegnarne un uso consapevole”.
Ancora una volta dunque la palla passa ai professori che devono pure sapere gestire questa ulteriore incombenza relativa all’uso “consapevole” degli smartphone. E infatti assicura: “L’uso deve essere regolamentato, non vogliamo creare il Far West. Il divieto assoluto dell’uso dello smartphone in classe in vigore dal 2007, come ogni atteggiamento luddista, è oggi fuori dal tempo. Ovviamente l’utilizzo dello smartphone non vuol dire stare al telefono o mandare messaggini. E ai docenti deve essere lasciata la massima autonomia nelle loro scelte didattiche, vogliamo solo che gli insegnanti che vorrebbero utilizzarlo possano essere liberi al contrario di quello che accade oggi”.
Facile a dirsi, forse assai più difficile sul campo e quindi realizzarlo. E tale presunta prassi è così controversa che già qualche giornale ha pensato di interpellare i lettori che così si sono espressi: 86% i contrari, appena il 14% a favore.
Ma non basta, di “proposta estemporanea” parla qualche docente: “Dallo scorso novembre nella mia scuola abbiamo deciso di far consegnare i cellulari dai ragazzi quando entrano, perchè altrimenti è impossibile lavorare. Altra cosa è usare i pc, o le lavagne multimediali, o i laboratori informatici. Gli smartphone no, perchè gli studenti lo usano per tutt’altro che non un utilizzo corretto”.
“D’altronde – conclude il prof – le ultime indagini Ocse smentiscono la tesi che l’uso della tecnologia sia direttamente proporzionale all’acquisizione delle competenze da parte degli studenti. E anzi invitano a tornare a integrare le tecnologie con il libro e gli altri strumenti antichi”.
Due posizioni dunque che si fronteggiano, senza però avere sentito, come ormai accada da anni, il parere di chi nella scuola opera ogni giorno, ogni giorno è in trincea e ogni giorno ha a che fare con la disciplina, quella che insegna e quella che vorrebbe avere da parte dei suoi alunni.