La ministra dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, ha proposto, riporta una breve nota di Italia Oggi, ai sindacati, l’assunzione in ruolo di oltre 82 mila tra docenti e Ata, ma a condizione che gli stipendi dei neo assunti per alcuni anni rimangano congelati. Proposta che ha fatto scattare il “no” convinto della Flc-Cgil: “Assolutamente inammissibile è invece il tentativo di scambiare salario/stabilizzazioni di gelminiana memoria. Non possiamo non rilevare la contraddizione fra il ripristino degli scatti 2012 e l’intervento sulle carriere dei neo-immessi in ruolo per sostenere i costi delle assunzioni previste dal piano triennale licenziato dal Governo un paio di mesi fa. Lo diciamo fin da adesso: se è questo ciò che si prefigura, la FLC darà battaglia per evitare che a pagare il conto siano sempre i più deboli”.
Una scelta di campo quella del sindacato inoppugnabile, ma il ministero sembrerebbe invece intenzionato a coprire tutti i posti disponibili nell’organico di diritto con personale stabile, attingendo dalle pesanti graduatorie e anche dai Tfa, così come d’altra parte la legge dispone.
Tanta presunta magnanima decisone della ministra tuttavia ha un suo tornaconto, non solo economico ma anche legale.
Per quanto riguarda il primo, l’assunzione di docenti stabili, se da un lato taglia in modo drastico le supplenze, garantendo così la continuità didattica, dall’altro, a conti fatti, consente all’erario se non di risparmiare almeno di pareggiare, considerando che ai tanti supplenti annuali deve essere corrisposta l’indennità di disoccupazione. Congelare dunque gli stipendi dei neo assunti per alcuni anni non darebbe grossi scossoni al collega ministro del tesoro
Il secondo motivo sarebbe invece di natura più pragmatica, nella constatazione evidente che ormai le sentenze di condanna del Miur, per l’uso disinvolto di supplenti incaricati sullo stesso posto per oltre tre anni, hanno raggiunto livelli ragguardevoli, mentre nulla toglie che perfino la Corte di giustizia europea condanni l’Italia, cioè il MIur, per questa forma subdola di sfruttamento del lavoro, incentivando il precariato.
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