I mancanti investimenti dell’Italia nell’Istruzione si fanno sentire: i nostri giovani continuano in alto numero a lasciare anzitempo la scuola e siamo quasi la maglia nera in Europa per numero di laureati. Lo dicono anche gli ultimi dati Eurostat, pubblicati il 26 aprile.
Ebbene l’Italia risulta ancora il fanalino di coda tra i 28 Paesi Ue per la quota di laureati che, nel 2018, si è attestata al 27,8% delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni: solo la Romania ha fatto registrare un risultato più basso, il 24,6%.
Inoltre, il nostro Paese si contraddistingue, ancora in negativo, perché figura ai primi posti, al quarto nell’Unione europea per la quantità di giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno prodotto l’abbandono scolastico, prima dei 16 anni.
In questa classifica, sulla cosiddetta “dispersione”, con i giovani che lasciano la scuola prematuramente, e che quasi sempre si ritrovano pure senza lavoro o altri tipi di formazione, la Spagna risulta prima con una quota del 17,9% seguita da Malta (17,5%) e Romania (16,4%). Poi, arriva l’Italia con il 14,5%.
E pensare che l’obiettivo imposto da Bruxelles sarebbe quello di andare sotto il 10% entro la fine del prossimo anno: pensare di raggiungerlo, con i dati presentati da Eurostat e le condizioni di difficoltà oggettiva nella quale operano le scuole in determinati territori – in particolare il Sud e le periferie delle grandi città – appare un’impresa praticamente impossibile da realizzare.
Ma cosa fa il Governo per combattere queste tendenze? Purtroppo poco. Anzi, in prospettiva sempre meno. Perché nel Documento di Economia e Finanza approvato dal Governo ed ora all’esame delle Camere, c’è scritto che, per via dei mutamenti demografici al ribasso, nei prossimi decenni si prevede una riduzione della spesa complessiva nazionale: dall’attuale 3,6% di spesa rispetto al Pil, si arriverà, nel 2040, al 3,1%. Per poi risalire la china, ma non di molto: nel 2070, infatti, si prevede di andare comunque non oltre il 3,4%.
Per capire quanto poco si spende per formare i nostri giovani, basta ricordare che oggi la media dell’Ue per la spesa nazionale rispetto al Prodotto interno lordo prodotto è del 4,9%. Con punte, nei Paesi del Centro-Nord Europa, del 6,5-7%.
Ora, invece di cogliere l’occasione del ridotto numero di alunni totali, per via della denatalità, agendo finalmente con azioni efficaci sul basso numero di laureati e sull’alta percentuale di abbandoni scolastici, si è pensato bene di ridurre solo la spesa.
Una scelta che, nel tempo, non farà altro che confermare l’Italia come Paese con giovani poco inclini allo studio e con sempre meno voglia di laurearsi.
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